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水
Io e te non siamo mai andati d'accordo, Taehyung.
Io non trovo mai le parole, tu le scovi troppo in fretta.
Io ho sempre guardato alla vita con attenzione, sorridendole timidamente, tu con la solita maldestra ingenuità di chi non conosce il male delle conseguenze.
Io sono invecchiato prima che potessi accorgermene, tu sei ringiovanito come se la morte per te fosse un processo inverso e stessi ancora attendendo la tua nascita nella vita che ti fa da grembo.
Non hai mai avuto nulla da perdere, semplicemente perché non conosci paura, timore o risentimento. Sei libero da ogni vincolo, da ogni vizio, da qualsiasi abitudine. Ti invidiavo. Quasi ti invidio ancora oggi. Però, quando d'estate dormivamo in veranda, ti amavo. Hai capito bene, ti amavo. Profumavi d'uva, quella che la mattina raccoglievamo insieme per aiutare gli zii a fare il vino. Cercavi le mie gambe creando un groviglio talmente complesso, da farmi credere di non avere più un corpo al di fuori del tuo, né un nome, né un'identità. Tutto ciò che sapevo, era che i nostri corpi erano bollenti, e che in quegli attimi io riuscivo a raggiungerti. Divenivi terreno, quasi volgare, mentre sudavi in mutande accanto a me, perché nemmeno la vergogna aveva mai bussato alla tua porta.
Ma io, la tua porta, volevo a tutti i costi aprirla. Lì, su quella veranda, nudi, per renderti rozzo, comprensibile, innocuo. Per non dover più temere quella purezza che ti allontanava da me.