抖阴社区

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L'aria fuori era tagliente, ma non quanto il peso che sentivo nel petto mentre mi allontanavo da Emily.

Emily.

Pronunciare il suo nome nella mia testa era un atto pericoloso, un'ammissione silenziosa che non volevo concedermi. Eppure, ogni dannato passo che facevo lontano da lei mi sembrava un errore.
Aveva ragione. Non potevo dirle che non provavo nulla. Perché sarebbe stata una bugia. Una bugia che non ero più capace di sostenere.

Il suo profumo ancora mi avvolgeva, quella fragranza leggera, un misto di vaniglia e qualcosa di più fresco, più dolce. Più Emily.
Dio, quanto volevo sfiorare i suoi capelli, immergere le dita in quei ricci morbidi che più volte mi ero trovato a osservare senza nemmeno rendermene conto. Il modo in cui li raccoglieva distrattamente quando era nervosa, il modo in cui una ciocca le sfuggiva sempre e le cadeva sulla guancia. Il modo in cui avrei voluto essere io a rimetterla a posto. Ma non potevo. Non potevo.

Entrai di nuovo nella sala principale con passi misurati, il mio viso privo di espressione, come se tutto quello che era appena successo fuori non mi avesse minimamente sfiorato.
I miei colleghi erano sparsi tra i gruppi di studenti e accademici, impegnati in conversazioni che ruotavano attorno alla competizione, ai risultati, ai prossimi eventi accademici. Argomenti sicuri.
Feci scorrere lo sguardo tra la folla senza volerlo, cercando istintivamente lei. Emily non era ancora rientrata. La mia mascella si serrò impercettibilmente.

«Nathan.»

Quella voce mi fece chiudere gli occhi per un secondo, un riflesso involontario, un istante in cui tutto il passato mi travolse di nuovo. Quando mi girai, c'era Isabelle.
Sofisticata. Perfetta. Il suo vestito scuro esaltava la sua figura slanciata, i capelli biondo cenere raccolti con la solita precisione, il sorriso appena accennato, quello che una volta mi aveva fatto perdere la testa.

Quella che una volta era stata mia moglie.

«Mi stai evitando?» disse, il suo tono leggero, ma con quella sfumatura di astuzia che non avevo mai smesso di riconoscere.

Evitare.

Sì, lo stavo facendo.

Da quando era arrivata a Oxford come docente ospite, avevo fatto di tutto per non incrociare il suo sguardo. Per non permettere ai ricordi di tornare a galla, ma fu abbastanza.
Lei era stata il mio tutto. Fino a quando non mi aveva distrutto.

«Eri occupato a difendere la tua studentessa, suppongo.» Isabelle abbassò leggermente il bicchiere di vino che teneva tra le dita, il suo sguardo che mi trapassava con quella finta innocenza che conoscevo fin troppo bene.

Sentii il mio corpo irrigidirsi. «Non iniziare, Isabelle.»

«Oh, ma non sto iniziando niente» rispose con un sorriso mellifluo. «Trovo solo affascinante il modo in cui ti sei lanciato a difenderla.» Fece una pausa, il suo sguardo brillava di una curiosità pungente. «Cosa ha di speciale?»

La domanda mi colpì come una lama. Cosa aveva di speciale? Tutto.

Emily aveva quella luce che nessun altro aveva mai avuto nella mia vita. Era fuoco e tempesta, era talento e vulnerabilità, era rabbia e dolcezza in egual misura. Emily era vera. E questo mi spaventava.

«È una mia studentessa» risposi in tono piatto.

Isabelle rise piano, scuotendo il capo. «Oh, Nathan... Non mentire a me.»

Il modo in cui pronunciò il mio nome mi fece ribollire il sangue. Non aveva più il diritto di farlo. Ma Isabelle sapeva sempre dove colpire.

«Non dovresti affezionarti troppo» continuò, inclinando leggermente la testa. «Sappiamo entrambi quanto possa essere pericoloso fidarsi delle persone sbagliate.»

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