抖阴社区

capitolo 19

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La bruna era riversa sul letto, nelle stesse condizioni di quella mattina, se non peggiori. Il senso di colpa la stava divorando, non faceva altro che ripetersi che se Chaeyoung aveva deciso di andarsene in quel modo era soltanto colpa sua. Pensava di poterla proteggere allontanandola momentaneamente, ma aveva fatto il passo più lungo della gamba. Aveva fatto soffrire entrambe, e anche se credeva di meritare quel dolore, si odiava per aver coinvolto la rossa.
Non sapeva quanto tempo fosse passato da quando si era rinchiusa in camera, prima che qualcuno bussasse debolmente alla sua porta. Senza aspettare una risposta, la signora Kim aprì lentamente la porta per poi chiuderla alle sue spalle una volta entrata. Si avvicinò silenziosamente alla figlia, si sedette con attenzione accanto a lei, e un po' esitante le posò una mano sul capo. Jennie non la respinse, non ne aveva le forze. Motivata dalla mancata reazione della ragazza, la donna prese ad accarezzarle la testa dolcemente, con mano tremante, e prese un bel respiro prima di iniziare a parlare.
-È arrivata una lettera dalla scuola. Le tue ultime assenze preoccupano i professori e il tuo andamento scolastico recentemente è peggiorato.-
La ragazza si limitò a lanciarle un'occhiata scettica, facendo sospirare sua madre. Si prese un minuto di silenzio per riordinare prima di annunciare: -Ho saputo di Chaeyoung.-
Sentirle pronunciare quel nome destabilizzò l'equilibrio della bruna che si ritrovò a dover trattenere le lacrime. Sua madre lo notò.
-La ami non è così?-
Jennie spalancò gli occhi incredula.
-Puoi accusarmi di essere stata assente e un pessimo genitore, perché è la verità... ma non sono cieca, Jennie. In voi due ho rivisto me e tuo padre quando eravamo ragazzi, quando potevamo ancora permetterci la spensieratezza giovanile, e quando i sentimenti contavano ancora qualcosa...-
Si prese una pausa per guardare negli occhi la piccola Kim che si era messa a sedere.
-Non siamo sempre stati mostri senza cuore Jennie- disse con aria affranta. Le occhiaie scure e lo sguardo stanco e sofferente la facevano sembrare più vecchia di quanto in realtà non fosse. Un altro sospiro. La signora Kim tirò fuori dalla tasca della giacca una busta e la depose tra le mani della figlia. Jennie la aprì rivelandone il contenuto: dei biglietti aerei a nome suo, di Jisoo e di Lisa.
-Mi sono già accordata con la signora Manoban, partirete all'inizio della pausa estiva. Starete fuori una settimana, non di più, e per quando tornerete Youngbae si è offerto di aiutarti a ripetere in vista della ripresa delle lezioni.-
Così dicendo si alzò.
-Ti lasciò un po' di tempo per elaborare il tutto, poi mi farebbe piacere ascoltare una tua opinione.-
La donna si avvicinò all'uscita, ma prima di andarsene chiamò un'ultima volta la sua piccola Kim.
-Jennie?-
La ragazza, in lieve stato di shock, le rivolse la sua piena attenzione.
-Mi hai detto che per nulla al mondo vorresti seguire le orme dei tuoi genitori. Allora resta fedele alle tue parole e non commettere i nostri errori. Non tagliare tutti fuori come ha fatto tuo padre, e soprattutto non lasciare che ti taglino fuori...-
Il tono della madre era deciso e fermo, nonostante dai suoi occhi scuri non traspariva alcun segno di vita.
-...come ho fatto io.-

Chaeyoung camminava tranquillamente per le strade di Melbourne. L'aria fresca dell'emisfero australe le scompigliava i capelli, e nonostante l'inverno fosse appena iniziato, il freddo era ancora sostenibile con una giacca di pelle.
Quelle prime settimane di reinserimento non erano andate affatto male. Nonostante avessero soppresso una linea autobus che era abituata a prendere quando andava a scuola lì, riusciva a muoversi per la città facilmente. Aveva ripreso i contatti con qualche vecchia compagna di classe, e aveva iniziato ad uscire spesso con la sua vicina di casa Elizabeth, sua coetanea e amica d'infanzia. Tornare nei negozi e i locali che frequentava prima di trasferirsi era stato strano, così come lo era stato riprendere a parlare in inglese assiduamente. Alcune cose erano cambiate, altre no, ma restavano comunque familiari e accoglienti. Non ci volle molto per lei e la sua famiglia per riprendere la loro vecchia routine, come se non se ne fosse mai andata. Ma i ricordi restavano, vividi e invariati, fissi nella sua mente, tormentando il suo sonno ogni notte. Sorrisi e smorfie, una serie di istantanee dietro i suoi occhi, urla e risate, il riecheggiare nelle sue orecchie. Più di una volta quando non trovava qualcosa per casa le era rimasto in gola il nome di sua zia. Più di una volta, quando incappava in qualcosa di esilarante, aveva chiamato "Lisa" la sua amica Beth. Più di una volta prima di fare qualcosa di particolare aveva aspettato un parere oggettivo che non era mai arrivato. E ancora ogni mattina aveva desiderato che il cuscino a cui si era aggrappata durante la notte, fosse stato in realtà il corpo caldo della sua Jen.
Aveva troppi conti in sospeso per godersi a pieno quel suo ritorno alle origini. Forse se avesse salutato almeno Lalisa avrebbe gradito appieno le alternative e le proposte di quella vacanza. Le riunioni di famiglia, lo shopping, le montagne russe al Luna Park... pareva mancare sempre qualcosa per rendere il tutto perfetto.
Quella sera la ragazza si era divertita molto insieme a dei ragazzi della sua vecchia scuola che non vedeva da tanto.
Si stava incamminando verso casa quando qualcosa le scattò in mente. Un'idea. Un lampo. Una nota. Una singola nota che aveva unito due melodie che le risuonavano in testa da un po'. Chiese in prestito una penna ad un passante e raccolse da terra una pagina di giornale che trasformò in un foglio di pentagramma improvvisato. Scrisse velocemente una serie di battute prima di restituire la penna allo sconosciuto, inchinandosi per ringraziarlo come era ormai abituata a fare. Guardò la sua opera con occhi luccicanti. Aveva qualcosa su cui lavorare. Qualcosa a cui dedicare tempo ed attenzione.

Una distrazione.

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