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Capitolo 1 - Violet

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Ora lancio il computer dalla finestra

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Ora lancio il computer dalla finestra.

Peccato solo che, insieme a quest'ultimo, non possa farlo anche con mio fratello.

«Stai scherzando, spero!» esclamo davanti allo schermo.

«Sono serio, Violet.»

«Non sono una bambina» ribatto, infastidita dalla proposta – anche se per come la presenta è più un ordine – che mi ha appena fatto. «E tu non puoi decidere un bel nulla su come vivrò la mia vita ad Harvard.»

«Fattene una ragione» continua Mason, appoggiandosi allo schienale della sedia. «Qui potevo controllarti io, ad Harvard, invece, ho solo lui.»

«Lui chi?» domando esasperata.

«Aiden Blackwood, è uno di cui posso fidarmi. L'ho conosciuto anni fa, a un ritiro estivo delle superiori, ed è sempre stato uno con la testa sulle spalle. Ora è capitano della squadra di hockey e so che non ti farà finire nei guai.»

Mi stupisce come mio fratello non capisca che il vero motivo per cui me ne sono andata dall'università di Toronto non è stato il corso non all'altezza delle mie aspettative, ma lui. Lui e la sua pesantezza. Lui e la sua continua supervisione su ogni singolo momento della mia vita. Dovrei essere abituata ormai, considerato che mi controlla da quando ho cinque anni, ma l'anno scorso ne ho avuto abbastanza.

«Te lo ripeto: stai scherzando, spero!»

Mi guarda con più serietà, assottigliando gli occhi e stringendo le braccia all'altezza del petto. Non sembra voler cambiare idea e mi sta facendo impazzire per questo. Come si permette di mettere bocca ancora sulla mia vita, sulle mie scelte?

Speravo che, frequentando un'università così lontana da Toronto, Mason finalmente avrebbe smesso di sentire il bisogno di controllarmi, lasciandomi davvero libera. Capisco che, a causa del lavoro di nostro padre, lui pensi che mi sia sempre mancata una figura maschile, ma gliel'ho sempre detto: non è mai stato un problema per me. Sono una persona matura e ho capito fin da subito che per mio padre l'hockey è tutto. Non ci ho mai visto nulla di strano, anzi.

Non mi è mai pesato, non mi è mancato quel senso di "famiglia perfetta". Mi sono adattata alla situazione, ho imparato a vivere nel mio spazio, a essere indipendente. E va bene così. Probabilmente è proprio per questo che Mason non riesce a capire.

È lui quello che ha vissuto male l'assenza di nostro padre, non io.

«Violet, lo faccio per il tuo bene» mormora, la voce ora più bassa e dolce.

«Chi ti dice che sia un bene farmi controllare giorno e notte? Non credi invece che gli errori possano farmi crescere?»

«Non pensare nemmeno per un secondo che ti lascerò fare delle sciocchezze. Non c'è da discutere su questo» ribatte, tornando al suo tono deciso, quello che non ammette repliche. «Vai pure ad Harvard, nessuno ti nega di potertene andare. Ma devi sottostare alle mie regole.»

Mi alzo di scatto dalla sedia e prendo a camminare avanti e indietro, sempre più furiosa. Tra meno di un'ora devo partire per l'aeroporto e dovrei essere felice, al settimo cielo, pronta per questa nuova esperienza, e invece ho le mani che tremano per il nervosismo.

So che le parole che mi stanno scivolando lungo la lingua lo faranno infuriare ancora di più, ma non riesco a trattenermi.

«Mason» lo richiamo, fermandomi davanti al computer. «Non sei mio padre, non puoi darmi regole, orari o obblighi. Sei mio fratello e come tale devi iniziare a comportarti. Non cambierai il passato se...»

A quelle frasi, sobbalza, stupito dalla mia schiettezza. Ma ne è abituato, sa che quando mi sento messa alle strette lascio uscire il peggio di me e dico cose che forse dovrei tenere solo nella mia testa.

«Non voglio un baby-sitter che mi segua a tutte le feste. Non credi che sia una rottura anche per lui?» provo a farlo ragionare. «Avrà i suoi impegni! Impegni che non includono me!»

Mi abbasso sullo schermo, guardandolo negli occhi e cercando di fargli capire i miei sentimenti. «Voglio vivere la mia vita, Mason, anche se significa rischiare.»

Ci ho provato mille volte e sono una stupida a credere che questa ennesima dichiarazione possa cambiare la situazione o il suo comportamento. E infatti...

«Fattene una ragione, Violet» chiude in fretta, con la voce inespressiva, mentre si sistema dritto sulla sedia. «Ti ho avvertita. E non voglio più sentire repliche. Aiden ti aspetta davanti all'ingresso del tuo campus alle quattro e mezzo, sii puntuale.»

Non faccio in tempo a ribattere che la sua immagine diventa nera e compare di nuovo il mio sfondo. Il silenzio che segue la fine della chiamata è quasi assordante. Mi ritrovo a fissare il mio riflesso, le parole di Mason ancora impresse nella mente, ma non riesco a trovarci un senso.

Sospiro, con la sensazione che, nonostante il mio desiderio di indipendenza, lui non capirà mai veramente il motivo per cui ho scelto di andarmene da casa.

Ma non ho tempo per rimuginare su ciò che ha detto, ho un aereo da prendere e, se mio fratello ha deciso di perseguitarmi con la sua ombra fino ad Harvard, io farò di conseguenza. Non credo che un amico, che non conosco per giunta, abbia voglia di sorvegliare la "sorellina di Mason" e punterò su questo.

Ho le mie doti persuasive, so come gestire i problemi e, soprattutto, i giocatori di hockey.

Ho le mie doti persuasive, so come gestire i problemi e, soprattutto, i giocatori di hockey

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⤜♡→𝐒𝐏𝐀𝐙𝐈𝐎 𝐀𝐔𝐓𝐑𝐈𝐂𝐄⤜♡→

CHE ANSIA. Preparatevi a sentire spesso questa frase in questi commenti a fine capitolo. Sono emozionata e impaurita di questo primo capitolo, forse perché è un po' corto rispetto a quelli che troverete in futuro... forse perché è il primo in assoluto qui su 抖阴社区.

Ma siete fortunati, per questa pubblicazione vi lascio altri tre capitoli!

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