抖阴社区

30. All I Want

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Mi svegliai sentendo Travis muoversi sotto al mio abbraccio. Mugolai parole insensate, essendo ancora assonnata non riuscivo nemmeno ad aprire gli occhi, che sentivo apiccicosi a causa delle lacrime versate la notte precedente. Mi addormentai tardissimo, erano quasi le due ed ora ero a pezzi. Non riuscivo a pensare ad altro, la malinconia mi travolgeva ma in quel giorno avrei dovuto smetterla di frignare e farmi forza. Avrei ingannato tutti con il mio sorriso tirato stampato in viso, ma non Travis; lui se ne sarebbe accorto immediatamente, io avrei fatto finta di niente e lui avrebbe insistito finchè non gli avessi detto tutto ciò che mi affliggeva.                              Continuai a tenere gli occhi chiusi, addirittura li coprii con un braccio e continuai a stirarmi rotolando sul materasso. Come facevo ogni santa mattina, allungai braccia e gambe, mi rotolai di lato mettendomi di fianco ed allungai gli arti in avanti.
«Evy, ma che cazzo fai?», ad un certo punto sentii la voce di Cameron.
Aprii gli occhi di scatto, accecandomi con la luce proveniente dalla finestra, e mi misi a sedere.
«Mi stiravo».
Era in piedi davanti al letto, in boxer, con i capelli completamente scompigliati mentre si stropicciava un occhio.
Mi voltavo da una parte all'altra della stanza cercando il biondo, che non c'era; entrò poco dopo con in mano un caffè ed una busta bianca di carta.
Mi accigliai. «Ma... credevo ti fossi alzato da poco...», lo guardavo accigliata vedendolo vestito.
Rise. «Mi sono svegliato due ore fa, Evelyn!», continuava a ridere, io invece ero sempre più confusa mentre mi guardavo intorno in cerca di spiegazioni per il mio cervello assonnato. «Mi sarò riaddormentata», constatai, infine. Finalmente mi alzai dal letto e presi il mio cellulare dal comodino. Erano le undici di mattina e avevo due chiamate perse di mia madre, così la richiamai.
«Mamma».
«Buongiorno, tesoro», aveva la voce squillante per la gioia. «Siccome non sei venuta a colazione, volevo ricordarti che alle due del pomeriggio verrà la parruccheria! Puntuale, mi raccomando! A dopo!»
«Ciao, a dopo», e riattaccai.
«Ti ho preso la colazione», Travis si mise a sedere sul materasso e mi porse il sacchetto e il bicchiere di caffè, mi sedetti accanto a lui.
«Grazie», e lo baciai.
«Bene, penso che uscirò», disse Cameron facendoci ridere, poi se ne andò.
«Hai gli occhi gonfi».
Pensavo, anzi speravo che non se ne accorgesse e invece, puntuale come un orologio svizzero, eccolo. Abbassai lo sguardo, poi lo riposai su di lui pronta per dirgli tutto tanto ormai era inutile mentirgli.
Sospirai e sputai il rospo: «Non riesco afar finta di niente. Non riesci a non pensare che domani mattina all'alba me ne andrò».
Non disse niente, mi abbracciò in silenzio. Bastava solo quello. Passammo qualche minuto abbracciati in silenzio, poi mi alzò il mento tenendo i suoi occhi puntati nei miei e mi baciò appassionatamente. I suoi baci erano come ossigeno, non potevo farne a meno.
Mangiammo insieme sul suo letto, gli diedi metà del mio cornetto e metà del mio bicchiere di caffè.
«Io ho fame!», erruppe nella stanza Cameron, sempre in boxer chiaramente.
«Cameron, non potrei vestirti?! Eh che cazzo!», gli fece Travis.
«Ops, scusa, c'è la tua signora. Me n'ero scordato, che sbadato!», cominciò a camminare sculettando per la stanza. Scoppiai a ridere per quanto fosse buffo nella sua ingenuità. Adoravo Cameron, era l'anima del gruppo con la sua simpatia travolgente che era capace di ridarti il sorriso in una giornata storta. Era Cameron e nessuno era come lui, era unico ed inimitabile.
«Solo un ospedale psichiatrico può curarti, amico».
«Figo, ho sempre desiderato essere legato con una camicia di forza».
Ero in preda alle risate.
«Te hai qualche problema sul serio!», risi. Avevo le lacrime agli occhi, talmente tanto stavo ridendo.
Dopo che cantò, più che altro stonò, una canzone che aveva inventato sul momento, finalmente si vestì ed uscì.
«Io devo andare», mi alzai dal letto cominciando a raccogliere la mia roba.
«Dove vai?»
«Al bungalow. Oggi devo fare un sacco di cose, tra l'altro mia madre mi sta assillando per stasera. Quindi, ora vado a casa e mi faccio una lunga doccia calda perchè ho assolutamente bisogno di rilassarmi», gli soiegai levandomi la sua maglietta, che gli lanciai.
«Se vuoi puoi farla qui, non c'è nessun problema».
«No, grazie», ormai ero già vestita, mi avvicinai a lui mettendomi a cavalcioni su di lui e lo baciai.
«Se fai così non ti lascerò mai andare via», sussurrò tra le mie labbra.
Sorrisi e ricominciai a baciarlo, non me ne sarei mai andata. Mi sentivo così spensierata quando stavo insieme a lui.
Poi si staccò e, facendosi serio, mi disse: «Quando ci rivedremo?»
Sentivo di già le lacrime agli occhi, ma cercai di ricacciarle indietro.
«Non lo so, ma ci rivedremo. Ne sono certa, te l'assicuro», lo baciai di nuovo e mi alzai. Mi afferrò una mano per trattenermi, nemmeno lui voleva lasciarmi andare, mi voltai e lo guardai un'ultima volta.
«Domani mattina ci sarò», disse ad un certo punto interrompendo quell'intenso scambio di sguardi.
«Cosa?!», chiesi confusa.
«Domani mattina all'alba ti saluterò, quando uscirai dal tuo alloggio. Ti voglio accompagnare alla macchina, voglio cogliere tutto il tempo che ci resta!»
Stavo per mettermi a piangere per la commozione, per ringraziarlo e per fargli capire che ero felice mi buttai addosso a lui abbracciandolo e baciandolo.
«Ti amo, Travis», gli sussurrai.

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