tw: f-word
Vivere la vita
è un gioco da ragazzi
Me lo diceva mamma
ed io cadevo giù dagli alberi
Quanto è duro il mondo
per quelli normali
che hanno poco amore intorno
Dal finestrino dell'auto di suo papà, Simone, osserva il sole danzare alto in cielo e la città prendere vita piano piano. Dante gli parla, prova a rassicurarlo alla maniera sbagliata chiedendogli di rinascere, quando tutto il suo mondo è appassito.
Socchiude gli occhi e lascia la libertà al sole d'accarezzargli la pelle, mentre la testa ciondola contro il vetro.
«Simone? Mi stai ascoltando?»
Sbuffa appena senza farsi vedere, altrimenti chi lo sente poi Dante Balestra lamentarsi e iniziare un discorso filosofico.
Vorrebbe non rispondere, ché per quanto Dante ci provi a fare il buon padre, allo stesso tempo, s'impegna ad annegare i pochi pensieri buoni che gli son rimasti.
«Sì» dice dopo un po'. «Farò il bravo e non mi farò picchiare dai bulli, va bene?» Sussurra, con un nodo in gola che non lo lascia respirare. D'altronde ha parlato fin troppo, per i suoi gusti, quella mattina...ché da quando non c'è più Jacopo la voce gli esce a fatica. Si è domandato spesso, negli ultimi mesi, se avesse senso continuare a vivere col cuore a metà, l'altra dispersa chissà dove tra campi di margherite.
É solo un bambino, è vero, ma di perché ne ha tanti.
Perché lui e non io?
Perché papà non mi guarda più negli occhi?
Perché Jacopo se ne è andato?
Dov'è Jacopo?
É solo un bambino, ma ha il cuore già affaticato dal dolore, già abituato così giovane alla perdita.
Raggiungono poco dopo la sua nuova scuola elementare, dove verrà integrato all'interno di una classe con volti differenti mai visti prima.
Il cuore in petto batte forte, ché anche se di parole gliene son rimaste poche, le paure son sempre le stesse.
Dante gli accarezza i ricci, sbrigativo, e si scosta appena per aprirgli la portiera della macchina. «Ci vediamo dopo»
«Non mi accompagni dentro?» domanda, con un briciolo di timore.
«Non posso, Simone. Sono in ritardo» afferma lapidario, il padre, guardando dinanzi a sé.
«Mmh, va bene» bofonchia, i denti a torturare nervosamente il labbro inferiore, gli occhi bassi densi di piccoli timori che gli riempiono il corpo di tremiti e rendono fredde le piccole mani, nonostante sia appena settembre.
Chiude la portiera con un colpo secco e s'avvia verso il cancello aperto, pronto ad accogliere gli studenti e le studentesse per il primo giorno di scuola.
Si volta un unico istante verso suo padre. Egli non lo guarda...non lo guarda mai, e così gli pare che il mondo possa divorarlo, senza gli occhi del papà a vegliare sulle sue spalle mingherline.
