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C'HI

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CH'I

L'energia vitale tra scienza occidentale e tradizione orientale.

 
La concezione del C'hi o Qi, traslitterazione dell'ideogramma cinese 氣 (pronuncia "Ci"), affonda le sue radici in un'antica filosofia orientale, in cui l'universo e ogni sua manifestazione sono considerati il prodotto di un'energia primordiale in continuo movimento. Fin dal IV secolo a.C. già in Cina si affermava che «tutto l'universo non è altro che un grande ammasso di qi». Questa visione olistica implica che ogni cosa – dai fenomeni naturali alle forme di vita – sia il risultato di un processo dinamico e armonico, regolato dall'interazione di due forze opposte e complementari: lo yin e lo yang.

Il concetto di qi non rappresenta una mera astrazione, ma è inteso come l'energia vitale che anima e regola l'ordine naturale. In ambito filosofico, esso è considerato il principio fondante dell'esistenza, in quanto attraverso il suo polarizzarsi, mescolanza e trasformazione si danno origine a tutti gli elementi del mondo. Tale concetto si estende anche all'organismo umano, che viene visto come un microcosmo in cui il qi scorre attraverso canali specifici, detti meridiani, garantendo l'equilibrio tra le attività fisiche, psicologiche e persino spirituali.

Nel contesto della Medicina Tradizionale Cinese (MTC) il qi assume ruoli multifunzionali essenziali:
• Animazione e Impulso Vitali. È il motore che "accende" la vita, responsabile dell'attivazione e della mobilità di tutte le funzioni fisiologiche.
• Regolazione e Omeostasi. Il flusso equilibrato del qi mantiene stabile l'omeostasi dell'organismo, assicurando un'armoniosa interazione tra le diverse funzioni interne e con l'ambiente esterno.
• Trasformazione e Nutrimento. Il qi permette l'assimilazione dei nutrienti e la trasformazione degli elementi, facilitando processi metabolici vitali che nutrono il corpo e lo proteggono da squilibri e patologie.

Oltre agli aspetti fisiologici, il qi riveste anche una dimensione cosmologica e spirituale. In questa ottica, non soltanto il corpo umano, ma l'intero universo è visto come un organismo vivente, il cui equilibrio dipende dalla giusta circolazione e trasformazione del qi. Tale prospettiva ha portato allo sviluppo di numerose pratiche tradizionali, tra cui il qigong (氣功 o c'hi kung , "maestria del Qi") una disciplina che mira a coltivare, regolare ed espandere questa energia interiore attraverso esercizi fisici, respiratori e meditativi.

Le antiche scuole di pensiero orientali, come quelle taoiste e buddhiste, hanno ulteriormente raffinato il concetto di qi, integrandolo in sistemi di classificazione che ne definiscono le diverse tipologie, come il neiqi (qi interno) e il waiqi (qi esterno). Mentre il primo riguarda il flusso interno che regola le funzioni vitali, il secondo si riferisce a quella capacità del praticante di proiettare il proprio qi nell'ambiente, fenomeno che ha trovato applicazioni sia terapeutiche che in ambito marziale, quindi offensive.

Inoltre, la trasmissione del qi non è stata vista solo come un fatto terapeutico, ma anche come un mezzo per elevare le capacità cognitive e spirituali. La tradizione cinese ha sempre sottolineato il potenziale trasformativo dell'energia vitale, ritenuta capace di migliorare non solo la salute fisica, ma anche di influenzare la percezione, l'intuizione e la consapevolezza dell'individuo.

Il passaggio dalla visione tradizionale ad un approccio scientifico ha rappresentato una sfida complessa per i ricercatori occidentali e orientali. La scienza moderna si basa su metodologie analitico-quantitative e riduzioniste, che cercano di isolare le variabili e di "congelare" i fenomeni per studiarli in condizioni controllate, mentre il concetto di qi è intrinsecamente dinamico, in costante trasformazione e strettamente legato a un'energia fluida e informativa. Questa difficoltà ha portato molti studiosi a sostenere la necessità di un nuovo paradigma, in grado di integrare i metodi quantitativi della scienza occidentale con la visione olistica e sistemica della tradizione cinese.

Tra le teorie che hanno cercato di colmare questo divario troviamo la sinergetica e la teoria delle strutture dissipative, che mettono in luce come l'autoorganizzazione e la cooperazione fra sistemi elementari possano dare origine a fenomeni complessi, similmente a ciò che accade nel flusso del qi. In questo senso, alcuni ricercatori hanno suggerito che la sintesi di approcci che considerino sia la componente materiale sia quella informativa potrebbe essere la chiave per comprendere appieno il fenomeno del qi.

Numerosi esperimenti hanno cercato di dare una "forma scientifica" al concetto di qi, basandosi sull'analisi di parametri fisici misurabili:
• Misurazioni di Radiazioni Infrarosse e Campi Magnetici
• Studi Neurofisiologici e Analisi EEG
• Effetti Biologici e Sperimentazioni su Colture Batteriche

Utilizzando rilevatori collegati ad oscillografi, vari studi hanno evidenziato che durante la pratica del qigong l'emissione di "waiqi" (il qi esterno) presenta variazioni significative nelle radiazioni infrarosse. In esperimenti condotti in Cina, si è osservato che il flusso energetico emesso dai praticanti può variare in ampiezza: mentre in una persona "normale" le oscillazioni si attestano su livelli contenuti (ad esempio una variazione inferiore al 10%), nei praticanti di qigong i valori possono raggiungere variazioni superiori all'80%. Parallelamente, attraverso apparecchiature capaci di misurare campi magnetici ed elettrici, si è constatato che la produzione volontaria di qi è accompagnata da segnali magnetici anomali, suggerendo un legame tra l'intenzione conscia e le reazioni fisiche del corpo.

L'elettroencefalogramma (EEG) ha rappresentato uno strumento fondamentale nello studio degli stati alterati indotti dal qigong. Durante la meditazione e in particolari esercizi di concentrazione, i praticanti mostrano un notevole aumento del ritmo alfa, che tradizionalmente è associato a uno stato di rilassamento, ma si differenzia da quello osservato in condizioni di semplice riposo. Si osserva anche la comparsa di onde teta nelle situazioni in cui la concentrazione su un punto specifico del corpo stimola la formazione di nuove connessioni o "focolai" di attività corticale. Questi dati indicano una maggiore coerenza e sincronizzazione inter ed intra-emisferica, analogamente ai processi di autoorganizzazione visti in sistemi complessi come i laser. Un fenomeno che alcuni studiosi interpretano come una riduzione dell'entropia (disordine) del sistema nervoso, con conseguente aumento di negentropia (ordine), concetti protagonisti di questa mia raccolta, tanto che quest'ultimo le conferisce addirittura il nome.

Altri studi hanno impiegato tecniche termografiche per evidenziare la modulazione del flusso termico del corpo durante il qigong. Le variazioni di temperatura, sebbene non rappresentino l'energia del qi in sé, forniscono un ulteriore indicatore della capacità del praticante di influenzare lo stato fisiologico del proprio organismo e, di riflesso, quello dei pazienti sottoposti a trattamenti basati sul qigong.

L'aumento dell'energia termica, quindi la conseguente proiezione di radiazione infrarossa (soprattutto dalle estremità del corpo come le mani, nelle quali si concentra l'irrorazione sanguigna) è qualcosa che ho sperimentato personalmente durante le pratiche di C'hi Kung, di T'ai C'hi Ch'üan (太极拳, "Boxe del Polo Supremo"), una ginnastica energetica con applicazioni di difesa personale (stile "interno" di Kung Fu), e, più recentemente, di Mindfulness ("Consapevolezza"), una pratica meditativa volta a portare l'attenzione del soggetto in maniera non giudicante verso il momento presente. Spesso questo risultato è collegato ad una pratica di respirazione profonda e diaframmatica, tanto è vero che l'ideogramma cinese 氣 può tradursi anche come aria, respiro, vapore, oltre che energia vitale o energia interna.

Siccome un "qi caldo" aumenta l'attività metabolica, possiamo parlare anche di un "qi freddo" che rallenta le funzioni metaboliche, non soltanto in condizioni patologiche, ma anche in stati di meditazione profonda e prolungata. Pertanto l'energia termica, grandezza fisica misurabile, non può essere confusa con il qi di cui è soltanto una possibile manifestazione.

Il concetto di qi, nella sua origine orientale, si basa su un'idea olistica dell'energia vitale che pervade l'intero universo e il nostro corpo, in cui ogni funzione e fenomeno è il risultato di numerose interazioni e connessioni tra variabili.

Esso non può essere ridotto a una singola entità fisica o energia misurabile, come invece tende a fare un approccio riduzionista occidentale. Invece, si manifesta come un complesso insieme di cofattori in continua interazione che includono aspetti biochimici, fisiologici, elettromagnetici; persino "informativi" nella capacità di trasmettere segnali psicofisici che regolano in modo dinamico le comunicazioni tra le varie parti del nostro organismo. Questa rete integrata di variabili può spiegare come piccoli cambiamenti in un punto del sistema possano avere effetti a cascata a livello globale.

La visione orientale del qi prevede che il benessere dipenda dall'equilibrio dell'intero sistema, dove mente, corpo ed ambiente sono interconnessi. Un approccio frammentato, tipico della medicina occidentale tradizionale, rischia di non cogliere la totalità del fenomeno perché si concentra sull'analisi di singole componenti isolate. Per individuare e comprendere il qi in tutta la sua complessità, è necessario adottare un metodo olistico che tenga conto della fluidità, della dinamicità e dell'interconnessione di tutte le variabili coinvolte.

In medicina occidentale, le malattie e i trattamenti sono spesso analizzati in termini di cause specifiche e meccanismi individuali, applicando metodi di analisi quantitativa e riduzionista. Il qi, invece, si configura come una "funzione emergente" del sistema vivente in cui il valore non sta tanto nelle singole variabili, ma nel modo in cui esse interagiscono e si equilibrano reciprocamente. Questo significa che il qi ha un "ritaglio concettuale" orientale che va oltre la semplice misurazione o il calcolo di una somma di effetti, risultando in un fenomeno intrinsecamente complesso e in parte ancora sfuggente alla definizione scientifica tradizionale.

In conclusione, potremmo affermare che il qi rappresenta un paradigma diverso da quello della medicina occidentale tradizionale: si manifesta come un sistema dinamico e interconnesso, in cui i processi vitali sono il risultato di numerose interazioni e connessioni che, senza un approccio olistico, rischierebbero di essere trascurate o erroneamente interpretate. Questa prospettiva integrata richiede un'innovazione metodologica e teorica che coniughi la precisione quantitativa con la visione sistemica, capace di abbracciare la complessità intrinseca della vita gettando un ponte tra la sapienza antica e quella futura, e che potrebbe quindi condurci ad una sorta di nuova "rivoluzione scientifica".


FONTI
Giulia Boschi, La nascita e lo sviluppo della Qigongologia nella Repubblica Popolare Cinese, giuliaboschi.com.
Chang Dsu Yao & Roberto Fassi, Enciclopedia del Kung Fu Shaolin, Edizioni Mediterranee. 

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