抖阴社区

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Le luci dei lampioni disegnano riflessi dorati sull'asfalto bagnato. Milano ha quella bellezza malinconica che viene fuori solo di notte, quando la città rallenta e i rumori si smorzano. Cammino accanto a Nico, le mani nelle tasche del cappotto, mentre cerco di respirare lentamente, di assaporare questo momento come se potesse durare per sempre.

Lui è silenzioso, ma non è un silenzio imbarazzante. È di quelli che parlano da soli, che ti fanno sentire che non devi sempre riempire il vuoto con parole inutili. Dopo un po', mi guarda.

«Vuoi dirmi cosa ti è successo stamattina?»

Ci penso per qualche secondo. Poi sospiro.
«Andrea mi ha chiamata e sono stata licenziata.»

Lui non dice nulla. Aspetta.

«Ha saputo del mio licenziamento. Zara, Tezenis, un altro paio di brand... mi hanno mollata da un giorno all'altro. Senza spiegazioni, solo una mail fredda e chiusa. E sai cosa mi ha detto lui? Che adesso magari torno a Roma, così la smetto con questa "follia milanese", come la chiama lui.»

Nico si ferma. Mi guarda.
«Pensavi che non c'entrasse niente, ma ora hai dei dubbi.»

Annuisco.
«Quando eravamo in chiamata, ho avuto tipo un lampo. Andrea lo sapeva troppo in fretta. E quando gli ho chiesto se era stato lui a mettere bocca, ha detto solo che "aveva fatto quello che era giusto". Poi mi ha detto che presto verrà a Milano a prendermi.»

Mi accorgo che la mia voce trema un po'. Lo sguardo che ho nel riflesso delle vetrine è tirato. Mi sento piccola, fragile. Un passo indietro rispetto a tutta la forza che ho cercato di costruire qui.

«Cami...» Nico si ferma di nuovo, e questa volta mi prende per un braccio, leggermente. «Lo capisci che non può decidere lui della tua vita? Non può tagliarti le ali ogni volta che provi a volare.»

Lo guardo. Ha quegli occhi che sembrano sempre sapere un po' più di quanto dicano.

«Io ci provo, davvero. Ma adesso ho paura. Paura che arrivi da un giorno all'altro e mi porti via. Che faccia pressione su mia madre, su quei brand... Non sono così forte come vorrei sembrare.»

Nico fa un passo verso di me, mi prende una mano tra le sue.
«Lo sei. E anche se in questo momento ti senti crollare, io lo vedo quanto sei forte. Lo vedo ogni volta che sorridi quando avresti mille motivi per non farlo. Ogni volta che scegli te stessa. Non sei sola. E non ti lascio sola.»

Le sue parole si incastrano sotto pelle. È uno di quei momenti dove capisci che qualcuno ti vede davvero. Che non devi fingere.

«Portami a casa?» gli chiedo, quasi sottovoce.

Lui annuisce. Non dice altro. Solo quel movimento lieve del capo che vale più di un discorso. Riprendiamo a camminare, stretti l'uno all'altra.

Mi sento al sicuro. Non perché il pericolo sia sparito, ma perché non lo sto affrontando da sola.

Siamo in macchina da qualche minuto ormai, ma nessuno dei due parla. Le luci di Milano scorrono fuori dal finestrino come strisce sfocate, e il silenzio tra noi è denso, carico di tutto quello che non ci stiamo dicendo.

Nico guida con una mano sola sul volante, l'altra poggiata sul cambio. Ogni tanto mi lancia uno sguardo di lato, breve, quasi rubato, come se volesse controllare che ci sia ancora.

Quando arriviamo sotto casa sua, si gira verso di me prima di spegnere il motore.

«Ti va di salire?»

Il suo tono è calmo, quasi protettivo. Non c'è pressione, solo una proposta semplice. Annuisco.
Non voglio essere sola. Non stasera. Non dopo tutto quello che è successo.

Salgo con lui, e appena entriamo nel suo appartamento mi rendo conto che mi aspettavo qualcosa di più freddo, impersonale. Invece è caldo. Accogliente. Le luci basse, il profumo del suo bagnoschiuma nell'aria, una coperta lasciata distrattamente sul divano, una pila ordinata di libri su un mobile basso.

«Puoi metterti comoda,» dice, togliendosi la giacca e appendendola. Mi fa un piccolo sorriso. «Qui è casa tua, se vuoi.»

Mi sfugge un mezzo sorriso. «Non mi dici così, se no ci prendo gusto.»

Lui ride, quella risata morbida che gli parte dalla gola e gli accende gli occhi. Mi siedo sul divano, mi tolgo lentamente il cappotto, e appoggio la borsa accanto.

«Ti preparo una camomilla? O un tè?» chiede dalla cucina.

«Camomilla va benissimo.»

Lo osservo mentre si muove tra i mobili della cucina, agile, sicuro. Ha i capelli un po' spettinati, la camicia nera ancora sbottonata sul collo, e le maniche arrotolate sugli avambracci. È stanco, lo vedo, ma non me lo fa pesare. Quando torna, mi porge la tazza con un piccolo sorriso.

«Attenta, scotta.»

Lo guardo, poi abbasso gli occhi sulla tazza. Il silenzio che ci circonda è pieno. Non è imbarazzante. È sospeso.

«Non riesco a smettere di pensare a quello che è successo stamattina,» mormoro, stringendo la ceramica calda tra le mani. «Mi sembrava che tutto stesse andando finalmente bene. E poi boom. Licenziata. Da Zara. Da Tezenis. Da altri brand. Come se... come se tutto fosse stato solo una finta.»

Lui si siede accanto a me, più vicino stavolta. Le ginocchia ci sfiorano.

«Cami, lo so che sembra che ti sia crollato tutto addosso, ma ascoltami bene. Tu non sei i brand che ti mettono in vetrina. Tu sei talento, sei istinto. Sei vera. E chi è vero, resta. Anche quando gli altri cercano di cancellarlo.»

Lo guardo, sento un nodo in gola.

«Andrea ha provato a spezzarmi di nuovo. E ci è quasi riuscito. Solo che stavolta non voglio crollare. Non voglio tornare quella versione di me che lo aspettava con il fiato sospeso.»

Nico mi osserva, serio. I suoi occhi non si muovono dai miei. Poi, piano, si avvicina.
«Non ci tornerai. Non finché ci sono io.»

Poi succede una cosa che mi spiazza. La sua mano trova la mia. Non la stringe forte. È un gesto leggero, quasi impercettibile, ma sento il calore della sua pelle contro la mia e mi attraversa tutta.

«Ehi,» mormoro, cercando il suo sguardo. «Dove eravamo rimasti?»

Nico sorride appena. È quel sorriso che fa venire voglia di buttarsi, di credere che forse questa volta andrà tutto bene.

«Eravamo proprio qui,» sussurra.

Le sue dita si intrecciano alle mie. Si avvicina lentamente, con una calma che mi manda in tilt il respiro. Mi sfiora la guancia con il dorso della mano, poi la sua fronte si appoggia alla mia. Chiudo gli occhi.

E poi mi bacia.

Non è un bacio affamato. È lento. Caldo. Un bacio che parla, che chiede e promette allo stesso tempo. Il suo profumo, la sua bocca, le sue mani, tutto mi avvolge. È come se il mondo intero rallentasse fino a fermarsi.

Quando ci stacchiamo, le sue dita sono ancora intrecciate alle mie.

«Ora è tutto più chiaro,» sussurra.

Lo guardo. Sorrido. E finalmente, sento che sto scegliendo qualcosa per me.

E questa volta, non ho paura.

EYES NEVER LIE - Nicolò Barella Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora