The Cider

By ameliarelate

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Tessa Varathiel, unica erede di Raventhorn, viene costretta a sposare Cassian Montclair, figlio della corte p... More

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By ameliarelate

Sospirai, e una nuvola di vapore mi sfuggì dalle labbra, dissolvendosi nell'aria gelida che avvolgeva il giardino.

Tra pochi giorni non avrei più dovuto preoccuparmi del freddo. Stando a quanto mi era stato detto, a Vareth l'inverno era più mite e le estati calde e lunghe. Ma per quanto cercassi di convincermi che fosse un sollievo, il peso che mi opprimeva il petto non accennava a svanire.

Stavo per lasciare la mia casa. Il luogo dove ero nata, dove ero cresciuta. Il posto che, fino a poco tempo fa, ero certa sarebbe stato il mio per sempre.

Presto sarebbe caduta anche la prima neve.

Quando ero bambina, non aspettavo altro. Appena il primo fiocco toccava terra, Adelina ed io ci precipitavamo fuori, correndo senza sosta nel giardino innevato fino a quando le nostre gambe cedevano e ci ritrovavamo senza fiato.

La neve trasformava Raventhorn in qualcosa di magico. E io l'avevo sempre amata.

Ma quest'anno non avrei visto il castello imbiancato. Non avrei sentito il crepitio della neve sotto gli stivali né il freddo pungermi le guance mentre l'inverno avvolgeva ogni cosa.

Entro poche settimane sarei stata a Vareth, sposata con un uomo che a malapena sembrava sopportarmi.

Strinsi le mani nel vano tentativo di scaldarle, poi afferrai la leva arrugginita che bloccava la porta della scuderia e tirai con forza.

«Aspettate, mia signora. Faccio io.» Lennan fu accanto a me in un istante, le sue mani guantate sfiorarono le mie mentre, con un gesto sicuro, sbloccava il fermo.

«Grazie.» Mi scostai una ciocca di capelli dietro l'orecchio, osservandolo mentre spingeva la porta di lato e la bloccava con un masso.

Non era obbligato a essere così gentile con me, eppure dopo l'annuncio del mio matrimonio, lui e Adelina erano stati gli unici a tentare di rendere la situazione più sopportabile. Non perché fosse suo dovere in quanto guardia, ma perché, per qualche motivo, sembrava importargli davvero.

Un grugnito infastidito ruppe il silenzio alle nostre spalle, e Cassian ci superò senza neanche provare a mascherare il suo malumore.

Non si preoccupò nemmeno di evitarmi mentre mi passava accanto e la sua spalla urtò la mia con abbastanza forza da farmi barcollare. Mi raddrizzai subito, serrando la mascella.

Lennan lanciò un'occhiata nella mia direzione, pronto ad agire se soltanto io gliel'avessi ordinato, ma mi limitai a scuotere la testa. Non ne valeva la pena, era evidente che stesse cercando di provocarmi, di capire fino a che punto poteva spingersi prima che reagissi.

Accelerai il passo, ignorando la tensione che mi si era annidata tra le scapole, e lo seguii all'interno della scuderia.

Il calore che aleggiava nel grande spazio chiuso era una benedizione contro il gelo esterno, e l'aria era impregnata dell'odore di fieno e cuoio invecchiato.

I cavalli nitrirono piano al nostro ingresso, alcuni muovendo le teste oltre le barriere dei loro box, altri nascondendosi nell'ombra, alla ricerca di un po' di pace.

Mi chiesi se almeno questo posto potesse piacergli, dopotutto, nulla di Raventhorn sembrava essergli gradito, e io di certo non facevo eccezione. Ma mi tenni il dubbio per me, perché sapevo già la sua risposta.

Cassian si fermò accanto al box più ampio e allungò la mano verso uno stallone nero dal manto lucido, le sue dita sfiorarono il muso dell'animale con un gesto inaspettatamente delicato.

Aspen abbassò il capo in risposta, emettendo un soffio caldo che danzò tra di loro nell'aria fredda.

Lo osservai con attenzione.

I lineamenti tesi di Cassian si erano leggermente rilassati, e per un istante, l'ombra di disprezzo che sembrava scolpita sul suo volto svanì del tutto.

Non avrei mai immaginato che bastasse un cavallo per far apparire sul suo volto un espressione quasi umana.

«Si chiama Aspen.» Ruppi il silenzio, spazzolando la mia gonna con la mano per liberarla da alcuni fili di fieno che erano rimasti impigliati. «Viene da Velkaris.»

Mio padre era sempre stato un grande amante dei cavalli, anche se per lui erano poco più che strumenti da utilizzare durante le battute di caccia. Non importava quanti ne possedesse, ed erano davvero tanti, sembravano non essere mai abbastanza. Sosteneva che esistessero centinaia di razze ancora sconosciute, sparse nei territori più remoti del regno, e che un giorno le avrebbe possedute tutte.

Cassian non rispose, non un cenno, non uno sguardo. Si limitò a ritrarre la mano dallo stallone e a spostarsi, ignorandomi come se non avessi aperto bocca.

Trattenni un sospiro, spostando l'attenzione al box accanto dove, avvolta nella penombra, una magnifica cavalla bianca dominava lo spazio con grazia. Il suo manto era talmente chiaro da sembrare argentato sotto la luce tremolante delle lanterne e, accanto a lei, due puledri si stringevano l'uno contro l'altro, cercando calore.

«Lei invece è Shen.» La mia voce si addolcì mentre le accarezzavo il muso con delicatezza.

Il suo respiro caldo mi sfiorò la pelle quando allungò il collo verso di me. «È una razza tipica di Raventhorn. Non credo tu abbia mai visto un manto così candido.»

Cassian rimase in silenzio, ma la sua attenzione si spostò, solo per un istante, sull'animale e io non mi persi quel dettaglio.

Lennan era al mio fianco, silenzioso, con il corpo teso e lo sguardo incollato su ogni sua singola mossa, pronto a intervenire al minimo segnale di pericolo.

Cassian sfiorò appena la cavalla con la punta delle dita, un movimento lento, quasi distratto, in deciso contrasto con la tensione palpabile che aleggiava tra di noi.

«Quanto ne sai di cavalli?» chiese con voce bassa, priva di qualsiasi inflessione.

Un angolo della mia bocca si sollevò appena.

Non si era preso il disturbo di guardarmi, certo. Ma era comunque un grande passo avanti.

Ci era voluto uno sforzo considerevole, e una discreta dose di pazienza, ma alla fine avevo catturato la sua attenzione. Avrei dovuto sentirmi soddisfatta e in parte lo ero, mi aveva rivolto una domanda senza avvelenarla con insulti o commenti sprezzanti. Un vero e proprio miracolo, considerando chi avevo davanti.

Eppure, una parte di me non riusciva a credere che fosse stato così facile.

Sollevai un sopracciglio, mantenendo un'aria indifferente. «Abbastanza.»

Un suono basso e gutturale, qualcosa a metà tra un grugnito e una risata priva di umorismo, gli sfuggì dalle labbra.

«Abbastanza.» Ripeté la parola con lentezza.

Scosse appena la testa, e la luce delle lanterne ne seguì il movimento, accentuando l'ombra tagliente della sua mascella. «Non è una vera risposta.»

Incrociai le braccia al petto, più per scaldarmi che per altro. «È tutto ciò che ti serve sapere, no?» Mi appoggiai con noncuranza contro il legno ruvido del box accanto, ignorando la sgradevole pressione contro la schiena. «Prima hai detto chiaramente che odi la mia presenza e che prediligi il silenzio. Sto solo cercando di renderti le cose più semplici.»

Una provocazione sottile, nemmeno troppo velata. Non mi aspettavo che funzionasse.

Eppure, lo fece.

Cassian si voltò appena, quel tanto che bastava perché la luce sfiorasse i tratti scolpiti del suo viso. Ogni linea, ogni ombra su di lui sembrava scolpita nel marmo più freddo.

Ora avevo la sua completa attenzione. Un piccolo trionfo che avrei assaporato fino a quando—

«Tu.» La sua voce tagliò l'aria all'improvviso. «Lasciaci soli.» puntò lo sguardo sulla mia guardia.

Ogni muscolo del mio corpo si tese all'istante.

«Cosa?» Strabuzzai gli occhi, senza preoccuparmi di nascondere la sorpresa. «Perché?»

Cassian non rispose, non ne aveva bisogno. Il gelo nel suo sguardo bastava a far sembrare l'aria nella scuderia ancora più fredda.

Lennan non si mosse. Anzi, se possibile, divenne ancora più immobile. Solo la sua mano, quella posata sull'elsa della spada, ruppe la sua calma apparente, stringendo l'impugnatura con un gesto lento e misurato.

«Non credo di poterlo fare, mio signore.» La sua voce era ferma, ogni parola pronunciata con chiarezza. Non tremò e non abbassò lo sguardo, nemmeno davanti all'erede di Vareth, che non solo lo sovrastava in altezza, ma anche di grado.

Cassian serrò i pugni lungo i fianchi con così tanta forza che le nocche sbiancarono, e il suo sguardo, se possibile, si fece ancora più duro.

«È un ordine diretto, soldato.» Fece un passo avanti, quasi impercettibile, ma sufficiente a far tendere ogni muscolo nel corpo di Lennan. «Se fossimo stati a Vareth, saresti già morto.»

La guardia non si mosse. Non subito, almeno.

Sapevo cosa stava facendo, pesava le conseguenze. E, soprattutto, stava cercando disperatamente un modo per non lasciarmi sola con lui senza che questo gli costasse la vita.

Perché di una cosa ero certa, a giudicare dall'espressione sul suo volto avrebbe preferito affrontare il taglio di una lama piuttosto che abbandonarmi qui.

Cassian non gli piaceva. E come dargli torto. Durante tutto il tragitto, non aveva fatto altro che lanciargli sguardi sprezzanti e sussurrare imprecazioni nella mia direzione, senza nemmeno preoccuparsi di trovarne un motivo valido.

Ma disobbedire a un ordine diretto non era qualcosa che poteva permettersi. Non senza conseguenze che andavano ben oltre il semplice esilio.

Inspirai piano e posai una mano sul suo braccio corazzato. «Va tutto bene.» La mia voce si abbassò appena, anche se non ero del tutto sicura nemmeno io delle mie parole. «Puoi aspettarci fuori. Non succederà nulla.»

La mascella di Lennan si serrò e i suoi occhi bruciarono di riluttanza. Non serviva essere un genio per capire che il suo orgoglio aveva appena subito un colpo.

«Sarò qui fuori.» disse con voce piatta, «Basta  una chiamata e sarò da voi, Mia signora.»

Cassian roteò gli occhi, con l'aria annoiata fino al midollo. «Quanto siete drammatici.» Tamburellò le dita sul legno del recinto di una delle gabbie.

Lo fulminai con lo sguardo. «Lennan è una guardia reale. La mia guardia, per l'appunto.» Scandii ogni parola con attenzione, sperando che riuscissero a fare breccia nella sua testardaggine. «Merita il tuo rispetto. Così come tutte le persone che lavorano qui.»

Cassian inarcò un sopracciglio, con le labbra piegate in un mezzo sorriso.

«Oh, certo.» Fece un gesto vago con la mano. «Rispetto. Lo terrò a mente.»

Lasciai andare il braccio di Lennan e mi voltai appena verso di lui. «Puoi andare.» La mia voce era più morbida ora, ma non meno ferma.

Esitò solo un istante, abbastanza per farmi capire quanto poco approvasse quella situazione, poi annuì con riluttanza e si diresse lentamente verso il portone della stalla.

Cassian, come se nulla fosse, tornò a concentrarsi sulla cavalla bianca, passandole una mano distratta sul muso. «Già che ci sei, chiudi la porta. Fa un freddo cane qui dentro.»

Il legno scricchiolò alle mie spalle, poi il suono sordo del portone che si chiudeva sigillò il gelo all'interno della stalla. Un brivido mi scivolò lungo la colonna vertebrale, anche se non ero certa fosse solo per il freddo.

Trattenni un sospiro e mi mossi verso il box successivo, ignorando la tensione che mi stringeva la pelle troppo tesa.

Testa alta. Schiena dritta.

Se avessi mostrato anche solo un accenno di debolezza, Cassian l'avrebbe usata contro di me. Lo sapevo. Era lo stesso gioco che aveva sempre fatto mio padre, erano fatti della stessa pasta.

«Cosa devi dirmi con così tanta urgenza?» domandai, senza voltarmi.

Beth sollevò il muso non appena mi avvicinai, il suo respiro caldo mi sfiorò la pelle. La sua criniera scura era leggermente arruffata, e il manto, che alla luce del sole appariva castano, nell'ombra sembrava quasi nero. Non era il cavallo più elegante o pregiato delle scuderie, ma il suo spirito indomito l'aveva sempre resa la mia preferita.

Le accarezzai il muso con lentezza, lasciando che il gesto mi ancorasse.

Alle mie spalle, Cassian non disse nulla, ma lo sentii muoversi.

Sollevai gli occhi al cielo. Aveva di nuovo evitato la mia domanda.

Perché doveva rendere tutto più difficile di quanto già non fosse? Non era complicato capire che eravamo sulla stessa, maledetta barca.
Lui non voleva sposarmi. Io non volevo sposarlo.
Lui non mi sopportava e onestamente, il sentimento era più che reciproco.

Pensavo che, se fossi riuscita a mantenere una conversazione civile, magari iniziando da un argomento che a lui stava particolarmente a cuore, come i cavalli, avremmo potuto chiarire le cose. Stabilire dei confini netti. Magari persino trovare un modo per sopportarci senza desiderare di strangolarci a vicenda.

Ma a quanto pare, a lui piaceva il silenzio.

Gli piaceva ignorarmi e lanciarmi frecciatine taglienti, come se il suo unico scopo fosse scoprire quanto a lungo sarei rimasta impassibile prima di esplodere. O magari sperava che fossi io a tirarmi indietro, che rinunciassi a questo matrimonio.

E sì, l'avevo già preso in considerazione. Ma non sarebbe cambiato nulla. Non avevo voce in capitolo, e se anche fossi scappata, non sarei durata più di qualche settimana prima di essere trovata e riportata a corte.

Con un sospiro esasperato, afferrai una manciata di fieno dal barile accanto e la offrii alla cavalla.

«Lei comunque è Beth.» Il suo muso morbido sfiorò il palmo della mia mano mentre prendeva il cibo con delicatezza.

«Non so esattamente da dove provenga, so solo che era un cavallo selvaggio e—»

Le dita di Cassian si chiusero sulle mie spalle, forti come una morsa, e prima ancora che potessi reagire, mi spinse contro il legno del box.

L'aria mi sfuggì dai polmoni.

Beth nitrì spaventata, arretrando di scatto, e il suono sordo dei suoi zoccoli contro la parete mi rimbombò nelle orecchie.

Un dolore acuto mi esplose dietro la testa, irradiandosi lungo la schiena. Provai a muovere una mano per toccare il punto d'impatto, ma lui me lo impedì, bloccandomi i polsi contro il legno.

Il suo tocco non era stato gentile.

«Vedo che i tuoi genitori ti hanno addestrata bene.» La sua voce bassa e tagliente mi graffiò le orecchie, e quando sollevai lo sguardo verso di lui, una parte di me desiderò non averlo fatto.

I suoi occhi, di un azzurro così chiaro da sembrare ghiaccio, brillavano di rabbia. Di disprezzo. E qualcos'altro che non riuscii a decifrare.

Cassian abbassò appena il mento, e lo spazio tra noi si ridusse a un soffio.

«Se pensi che basti raccontarmi due storielle del cazzo per entrare nelle mie grazie, ti sbagli di grosso.» Le sue dita si strinsero attorno ai miei polsi, abbastanza da farmi capire che, se avesse voluto, sarei finita a terra in un istante.

«Non sei diversa da tutte quelle ragazze che mio padre ha provato a rifilarmi come moglie.» La mia mascella si serrò mentre un'ondata di rabbia mi si aggrovigliava nello stomaco.

Quindi non ero la prima. Suo padre aveva già cercato di incastrarlo in altri matrimoni. Eppure, se adesso mi trovavo in questa situazione, significava che nessuna di loro era stata abbastanza. O magari Cassian aveva trovato un modo per evitare ogni singola volta l'altare.

«Cos'altro ti hanno detto di fare i tuoi genitori, mh?» Il mio respiro si inceppò, ma non abbassai lo sguardo, non gli avrei dato quella soddisfazione.

«Non so di cosa tu stia parlando.» Riuscii a rispondere, mantenendo la voce ferma, anche se il cuore mi martellava così forte che temevo potesse sentirlo.

Cassian non si mosse, ma la presa sui miei polsi si fece più stretta.

Il legno ruvido del box graffiava la mia schiena e le schegge si infilavano sotto il tessuto del mantello, pungendomi la pelle.

«Oh, io credo che tu sappia esattamente di cosa sto parlando.» La sua voce si abbassò fino a diventare un sussurro. «I tuoi genitori ti hanno preparata per questo, vero? Ti hanno insegnato come sorridere e dire le cose giuste, come farmi abbassare la guardia.» Si chinò verso di me, il suo viso era così vicino che sentii il calore del suo respiro sfiorarmi la pelle.

«Ma noi non ci fideremo mai di te.»

La rabbia mi esplose nello stomaco. «Non mi interessa la tua fiducia.» Sollevai il mento, incontrando il suo sguardo con tutto il disprezzo che riuscivo a raccogliere. «E non ho alcuna paura di te.»

Cassian sollevò gli angoli della bocca in un sorriso lento, privo di qualsiasi traccia di calore.

«No?» Il suo tono si fece più letale. «E allora perché stai tremando?» Solo in quel momento mi resi conto che le mie dita stavano fremendo.

Il suo sguardo brillò di sfida, come se volesse vedere quanto a lungo sarei rimasta impassibile prima di reagire.

Qualcosa di caldo e bagnato mi scivolò lungo il viso, partendo dalla nuca e fermandosi sotto il mento. Un sapore ferroso mi si insinuò in bocca, denso e amaro, era sangue. Avevo sbattuto la testa più forte del previsto.

Cassian inarcò un sopracciglio, e per qualche motivo sembrò sorpreso. La sua presa si allentò appena, e quel secondo mi bastò. Senza pensarci due volte, sollevai il ginocchio e glielo piantai nello stomaco con tutta la forza che avevo.

Un colpo secco.

La sua stretta si spezzò, e io mi divincolai all'istante, facendo due passi indietro mentre il cuore mi martellava nel petto. Inspirai profondamente, cercando di ignorare il pulsare sordo dietro la testa. Stavo perdendo sangue e non era il momento di fare movimenti bruschi, ma non potevo permettermi di mostrarmi debole.

Mi appoggiai con una mano alla parete, tenendolo d'occhio. «Non provare... ad avvicinarti più a me.» dissi fra un ansimo e l'altro.

Cassian rimase piegato su se stesso per qualche secondo, con il respiro lento e controllato. Poi si raddrizzò con una calma esasperante, come se il mio calcio non fosse stato altro che un lieve fastidio.

Quando i suoi occhi incontrarono di nuovo i miei, erano ancora più gelidi. Senza emozione, senza nessuna crepa in quella maschera di perfetta indifferenza.

Si sfiorò le labbra con il dorso della mano, come se volesse soffocare un sorriso.

«Tu guarda in che cazzo di situazione mi hanno cacciato.» Qualcosa dentro di me scattò, la rabbia mi bruciò nelle vene.

«Nemmeno io sono contenta di sposarti.» Lo fissai dritto negli occhi, senza battere ciglio, senza retrocedere di un millimetro. «Ma, al contrario tuo, io non ho avuto scelta.»

Cassian mi rivolse uno sguardo che fece tremare ogni parte del mio corpo.

A passo deciso, mi avvicinai a un cumulo di fieno ed afferrai un forcone. Non esitai, lo strinsi tra le mani e glielo puntai contro.

Cassian non si mosse, non sembrò nemmeno impressionato dal mio gesto.

«Pensi forse che abbia scelto io di sposarti?» Inclinò appena la testa, la sua espressione era così dannatamente annoiata che avrei voluto colpirlo «Se fosse stato per me, a quest'ora sarei a Vareth, a godermi compagnie decisamente più interessanti della tua.» fece una breve pausa.

«E metti giù quel forcone, te ne prego.» I suoi occhi si abbassarono sull'arma come se fosse poco più di un bastoncino. «Non ti servirà comunque a molto se decidessi di ucciderti.»

Non gli avrei dato la soddisfazione di vedere che le sue parole avevano colpito più di quanto volessi ammettere. Stringendo la presa sul manico, sollevai il forcone, con il battito accelerato di puro, cocente odio.

«Prova.» La mia voce si abbassò a un sussurro velenoso. «E giuro che te lo pianto dritto nel petto.»

Le sue dita scivolarono lente lungo il bordo della cintura, i suoi occhi leggermente socchiusi mentre, con una calma esasperante, sembrava valutare ogni singola parola che avevo appena pronunciato.

«A me è stato detto che sei stato tu ad accettare il matrimonio.» indugiai per un instante «Quindi, se adesso ci troviamo entrambi in questa situazione, è colpa tua, Cassian. Non di certo mia.»

Un altro rivolo di sangue mi scivolò lungo la fronte, appiccicandomi una ciocca di capelli alla tempia. Il mondo oscillò per un istante sotto i miei piedi, e dovetti stringere i denti per non cedere. Avevo bisogno di un medico e in fretta.

Cassian fece un passo verso di me, lento e controllato, ma rimase a distanza. «In realtà, la faccenda è ben più complicata di quel che credi.»

Mi scappò una risata amara. «La realtà che sto vivendo io è già abbastanza complicata.» Avanzai di qualche passo «Non avevo bisogno di altre complicazioni,» continuai, con il cuore che batteva furioso contro le costole. «Ma, ahimè, come dice mio padre, sono una donna. E, in quanto tale, devo accettare di sposare un uomo che nemmeno conosco.»

La mia gola bruciava per le parole che stavo trattenendo. Tutta la rabbia, il senso di impotenza, il dolore pulsante dietro la testa.

«Purtroppo, Cassian, non sei l'unico a desiderare che questo matrimonio non si celebri.» Mi scostai dal viso una ciocca di capelli con un gesto esasperato, cercando di tenere sotto controllo la tempesta che mi ribolliva dentro.

«Ma io non ho altra scelta. Che tu mi voglia oppure no.» Gesticolai con una mano, come se il movimento potesse scaricare anche solo una parte della mia tensione.

Cassian mi fissò e piegò la testa di lato. «Anche questo monologo strappalacrime è opera dei tuoi genitori? Credi forse che adesso proverò pena per te?»

Inspirai a fondo, lottando per mantenere il controllo. «Continui a tirare in ballo i miei genitori, ma vorrei ricordarti che l'accordo è stato firmato da entrambe le parti. Quindi anche da tuo padre.»

Cassian mi guardò senza dire nulla, il suo sguardo si fece più duro.

Spalancai gli occhi. Mi fermai a riflettere solo ora sulle sue parole.

Cassian mi aveva detto chiaramente che non aveva acconsentito a questo matrimonio. Quindi, forse tutto questo era stato solo un errore. Prudence mi aveva rivelato che era stato lui ad accettare l'accordo, ma chiaramente non era andata così. Che questa situazione si fosse creata solamente a causa di un'incomprensione fra il duca di Vareth e suo figlio?

«Se... se dirai a tuo padre che c'è stato un malinteso, che non vuoi davvero questa unione, sono sicura che lo annullerà.»

La mia voce tremò appena, ma non per paura. Era la rabbia a farmi tremare. E il fatto che Cassian stesse lì, impassibile, come se tutto questo fosse solo un fastidio di poco conto, non faceva che peggiorare le cose.

Un suono basso e tagliente gli sfuggì dalle labbra, un misto tra un sibilo divertito e puro disprezzo.

«Non c'è stato nessun malinteso ragazzina.» il sorriso che gli curvava la bocca era freddo come il gelo fuori dalla scuderia. «E no, mio padre non annullerà un bel niente, perché vuole questo matrimonio tanto quanto quell'idiota di tuo padre.»

La testa mi vorticò. Le sue parole mandarono in tilt ogni mio pensiero. Un minuto prima affermava di non aver avuto voce in capitolo, un minuto dopo diceva che non c'era stato alcuno sbaglio.

Feci un passo indietro, ma lui si mosse con un gesto appena accennato.

«Quindi...» Si prese un momento, come se volesse lasciarmi assaporare ogni singola parola che stava per dire. «Ti consiglio di guardarti le spalle, perché l'unico modo per annullare queste adorabili nozze è che tu cada accidentalmente dalle scale, spezzandoti l'osso del collo»

Il sangue mi gelò nelle vene, non poteva averlo detto sul serio.

Era questo il motivo per cui non si era mai sposato? Aveva fatto fuori tutte le altre promesse spose?

Cassian si infilò il cappuccio con un movimento fluido e mi passò accanto senza degnarmi di un'altra occhiata. Ma quando raggiunse la porta, si fermò un istante e lanciò uno sguardo sprezzante a Lennan, che era seduto poco distante.

«Questa scuderia fa schifo.» borbottò allontanandosi.

Per un attimo non riuscii a muovermi, troppo impegnata a cercare di convincermi che non stesse dicendo sul serio.

Lennan si alzò di scatto non appena mi vide e il colore gli sparì dal volto quando si avvicinò.

«Mia signora— Dei, ma state sanguinando.» La sua voce era tesa, quasi tremante. «State bene?»

No.

Ma non lo dissi. Perché se Cassian voleva una guerra, non avevo intenzione di tirarmi indietro.



CIAO AMICHE❤️
Premetto che non mi piace come è uscito questo capitolo, non tutto almeno.

SE non riuscite a capire alcune parti è normale, saranno più chiare avanti. Non preoccupatevi 🙂‍↕️

Fatemi sapere cosa ne pensate, abbastanza brusco come primo incontro no?

Non preoccupatevi, ci saranno alti e bassi ma pian piano andrà meglio. Anche se, il suo lato violento sarà duro da affievolire.

P.s
Domani correggerò e migliorerò alcune parti

A presto ❤️

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