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7. Sta per diventare una scena del crimine?

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7. Sta per diventare una scena del crimine?

Reed


È successo qualcosa a Cassidy mentre riprendeva la sua borsa prima.

Non so cosa, tantomeno ho provato a chiederglielo, ma da quando è tornata la sua testa è altrove e questo si riflette sull'allenamento. È deconcentrata, si stanca facilmente ed ha bisogno di pause eterne prima di ripartire.

È scattosa, macchinosa. Ad ognuna delle tre sessioni di sprint ad alta velocità che il coach Ericson ha cercato di farle fare, un fischio acuto è arrivato alle mie orecchie, da questa parte del campo dove io e gli altri ragazzi ci stiamo allenando.

E quando Ericson fischia come se stesse per arrivare uno tsunami in California, non è mai un buon segno.

Mi avvicino al lato delle ragazze, di cui si sta occupando il coach nell'ultima mezz'ora, per afferrare alcuni coni.

«Troppo lenta, Brooks! Che diavolo ti prende? Maledizione, hai ingoiato dei sassi a pranzo?!». Il tono di Ericson è decisamente scocciato.

Cassidy si appoggia sulle ginocchia come fa sempre per riprendere fiato e non risponde per un po'.

Poi solleva la testa. «Ci riprovo», annuncia tornando verso i blocchi di partenza.

Afferro ciò che mi serve vicino ad Ericson, che neanche mi guarda, intento a studiare gli ultimi risultati dei suoi sprint, appuntati sul blocco.

Gli lancio una rapida sbirciata da dietro le sue spalle.

Cavolo, ma che le prende?

Questi tempi fanno schifo.

Cammino per tornare verso i ragazzi e preparare il percorso, quando un attimo prima che sia troppo lontano, mi arriva forte e chiara la voce di Kate, qualche passo alla mia destra.

«Questo è quello che succede quando viene fatto entrare qualcuno in squadra solo per il suo cognome».

Sta parlando con un'altra ragazza della squadra di cui sinceramente in questo momento non ricordo il nome.

«Ehi Kate», le dico a voce più alta, in modo che mi senta. Lei volta di scatto la testa verso di me, un sorrisetto compiaciuto. «Dieci sprint da sessanta metri».

Spalanca la bocca. La richiude. Ridacchia. Poi la riapre ancora dopo aver studiato la mia espressione seria. «Reed tu non sei il coach Erics-».

«Sono il tuo leader. Dieci per sessanta. Ora».

Non rimango a guardarla mentre li fa, ma con la coda dell'occhio mi assicuro che non ne salti nemmeno uno.

Raggiungo gli altri ragazzi e prepariamo il percorso di riscaldamento tra i coni. Jake non c'è oggi perché ieri ha spinto troppo e ora ha dolore ad una caviglia. Con la stagione indoor alle porte non possiamo permetterci di perdere uno dei nostri migliori velocisti, quindi ricomincerà solo lunedì.

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