抖阴社区

40.

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La domenica pomeriggio in casetta sembrava sempre meno pesante. Era l'unico giorno in cui le tensioni si abbassavano appena, e anche se eravamo tutti stanchi, ci trovavamo insieme sul divano, con le pantofole ai piedi, le tazze calde tra le mani e i cuscini ammassati come rifugi improvvisati.

Antonia aveva portato dei biscotti rubati dalla mensa. Francesco giocava con la sua cover del telefono, come sempre quando cercava di distrarsi. Alessia e Pietro ridevano per qualcosa che non capivo, ma che aveva a che fare con i passi di danza di Trigno imitati male.

E Nicolò... be', Nicolò era seduto per terra, vicino a me, con la testa appoggiata alla mia gamba. Il suo respiro calmo contro la mia pelle. La sua mano che ogni tanto cercava la mia, senza neanche guardarmi.

Eravamo lì. Uniti. Vivi. Ancora dentro il sogno.

Poi arrivò l'annuncio: la produzione ci chiamava in saletta video.

Ci scambiammo sguardi confusi, qualcuno rise nervoso. Ma ci alzammo e andammo. Ogni volta che venivamo chiamati lì, non era mai solo per "guardare qualcosa". Era sempre per qualcosa che avrebbe lasciato il segno.

Ci sedemmo. Luci basse. Schermo acceso.

Una voce introdusse: «Abbiamo chiesto agli ex allievi chi non vorrebbero vedere in una finale a quattro... o in una finale a cinque.»

Il silenzio calò come una coperta fredda.

Poi iniziarono i video.

Chiara, Jacopo, Sol, Senza Cri: tutti concordi su una cosa. Non volevano Nicolò in una finale a quattro.

«Troppo insicuro.»
«Canta bene, ma manca ancora di presenza.»
«A volte sembra spegnersi.»

Lo guardai. Era immobile. Le mani chiuse a pugno. Ma lo sapevo: quelle parole lo stavano scavando dentro. Sapevo com'era sentirsi "mai abbastanza".

Poi arrivò la parte peggiore. La mia.

Senza Cri disse il mio nome con freddezza. E non mi sorprese. Tra me e lei non c'era mai stato vero dialogo. Avevamo preso strade diverse fin dal primo giorno.

Ma quando apparve Angelica sullo schermo e disse:
«Cecilia no. Non la vedo in una finale a quattro. Ha talento, ma non è ancora pronta.»

Il mondo mi crollò addosso.

Lei. La mia amica. Quella con cui avevo pianto sotto le coperte, condiviso segreti, silenzi, speranze.

Schiacciarono play ancora.

Anche in una finale a cinque, Senza Cri ribadì:
«Cecilia no. Non mi arriva. Mi sembra troppo costruita, troppo dentro la sua testa.»

Sentii il mio stomaco chiudersi. La gola pizzicare. Lo schermo si spense. Le luci si riaccesero.

Ma dentro di me, si era spenta una parte.

Uscimmo uno a uno. Qualcuno scherzò per alleggerire. Ma io non ce la facevo. Andai via. Dritta in camera. Mi sedetti per terra, contro il muro. E lasciai andare tutto.

Non lo sentii entrare, ma Nicolò era già lì. Si sedette davanti a me, sulle ginocchia. «Ceci...»

«Non parlarmi,» sussurrai. «Ti prego.»

Ma lui non si mosse. Rimase. In silenzio. E solo allora, lo guardai. Gli occhi mi si riempirono. Lacrime silenziose, grosse, stanche.

«Perché lei? Perché Angelica?» dissi, spezzata. «Capisco gli altri. Ma lei... mi conosceva. Credevo mi vedesse davvero.»

Mi portai le mani al volto. «Pensavo che almeno tra noi ci fosse qualcosa che andava oltre il gioco. Invece no. Era tutto solo... apparenza.»

Nicolò si avvicinò. Mi prese le mani e me le abbassò dal viso, piano. «Tu sei vera. E chi non lo vede... non ti merita, Cecilia.»

Scossi la testa. «E se avessero ragione? Se non bastassi davvero? Se tutto questo fosse solo un'illusione?»

«Allora è la stessa illusione che mi ha salvato,» rispose. «Perché tu mi hai fatto credere che valesse la pena provarci. Sei quella che canta con il cuore in pezzi e lo fa sembrare intero. Sei quella che sorride anche quando ha il mondo addosso. E anche stasera... tu non sei crollata. Ti sei solo permessa di essere umana.»

Mi strinse. Forte.

Ed esplosi.

Pianti, singhiozzi, parole confuse. Un flusso di dolore che avevo tenuto dentro da troppo. E lui... lui restò lì. Silenzioso. Presente.

Mi tenne la testa contro il suo petto. Mi accarezzò i capelli. E non disse niente di inutile. Solo verità.

«Hai ancora me,» mormorò. «E io credo in te. Anche quando tu non ci riesci.»

Lo abbracciai come se fosse l'unica cosa che mi tenesse insieme.

E per quella notte, lo era davvero.

The light in his darkness // Nicolò FilippucciDove le storie prendono vita. Scoprilo ora