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We're nothing, and nothing will help us
Maybe we're lying, then you better not stay
But we could be safer, just for one day
La dormita migliore di tutta la mia vita, brutalmente interrotta quando sento qualcosa premere sulla mia guancia.
«Nate!»
Non importa quanto cerchi di trattenerlo, il sonno sembra allontanarsi da me sempre più velocemente.
«Nate!»
Poi arriva una leggera sensazione di pressione, come se qualcosa si stringesse intorno al mio collo. Non riesco a capire se fa parte del sogno o se sta accadendo realmente.
Quando finalmente inizio a mettere a fuoco, riconosco quella voce. In uno stato di lucidità l'avrei già riconosciuta.
Non deve passare molto altro tempo prima di sentire una pressione sul petto e qualcosa che mi pizzica il viso.
Quando apro debolmente le palpebre, inizio a comprendere ciò che sta accadendo.
Chloe è quasi del tutto sopra di me, appoggiata con una mano sul mio petto e il suo orecchio a solo qualche centimetro dalla mia bocca. Qualche ciocca di capelli cade sul mio viso e solo ora mi rendo conto di quanto è effettivamente forte il profumo del mio shampoo.
Chloe ha il mio profumo addosso e questa cosa mi piace.
A una parte di me piace anche vederla sopra di me.
Devo smetterla di mentire, almeno a me stesso, ad entrambe le parti di me piace vederla sopra di me. La parte razionale mi ucciderà a breve per averlo ammesso.
Mentre la sua mano continua a fare pressione sul mio petto, la sua gamba involontariamente finisce per scontrarsi con la zona del mio impulso fisico mattutino.
Sento l'intera zona andare a fuoco a quel contatto.
Sofferente, devo impormi un autocontrollo che nemmeno sapevo di avere.
«Che cosa stai facendo?» sbiascico, con ancora la voce roca e impastata dal sonno.
Al sentire la mia voce, lei sobbalza, e subito mi maledico per non essermi mosso appena prima, in modo da evitare di spaventarla. Con un movimento rapido, si stacca da me, scivolando giù dal letto con la stessa velocità con cui ci era salita ieri sera.
«Stavo solo controllando che fossi ancora vivo» esclama, visibilmente imbarazzata. «Ho provato a svegliarti un paio di volte, ma non reagivi. Pensavo fossi morto.»
Sono morto e sono in paradiso è esattamente quello che ho pensato anche io non appena l'ho trovata sopra di me.
Ovviamente questo non lo dico ad alta voce o la parte razionale di me ci metterebbe due secondi a massacrarmi.
Cristo, quando realizzerò davvero quanto ho pensato in questi ultimi secondi, la mia parte razionale mi farà a pezzi.
«Sono sveglio» rispondo, alzando la coperta per coprire la zona sensibile nei pantaloni.
I miei occhi si abituano lentamente alla luce che filtra dalla finestra, ancora debole, ben lontana da quella calda e intensa che solitamente inonda la stanza qualche minuto prima che mi alzi dal letto.
«Ma che ore sono?»
«Le 6:05» risponde, restando a qualche passo di distanza dal letto, come se fosse ancora incerta su come comportarsi ora che siamo entrambi svegli.
Tranquilla, a volte nemmeno io so come comportarmi con te.
«Che ci fai sveglia a quest'ora?»
Sembra pensarci per un momento, guardandosi intorno con un'espressione smarrita.
«Non dovrei nemmeno essere qui ora. Non so perché sono qui.»
«Ieri sera ti sei addormentata e non sono riuscito a svegliarti. Sembravi dormire così bene che non ce l'ho fatta.»
«Avresti dovuto svegliarmi.»
Avresti dovuto farlo, ribatte la parte razionale di me, che si è finalmente svegliata.
La vedo mentre si dirige verso il bagno con passo veloce.
«Potresti riaccompagnarmi a casa prima del rientro di mia madre? Se scopre che ho dormito nel dormitorio di un ragazzo, inizierà a tormentarmi di domande, considerando che aspetta di parlare con me di ragazzi da letteralmente una vita. Non ho voglia di restare sotto interrogatorio per l'intera settimana.»
È quasi ironico come, proprio quando vorrei passare tutta la mattinata a dormire, non mi è concesso di farlo.
«Non puoi dirle che sei stata da Hannah o da quell'altra tua amica bionda che al cinema mi ha guardato male per tutto il tempo?» le chiedo. «A proposito, perché ce l'ha con me?»
«April non ce l'ha con te.»
Dubito fortemente, visto lo sguardo assassino che mi ha lanciato. Ed è strano, perché non credo di averla mai vista prima di ieri sera.
«Non posso mentire a mia madre, lei capisce subito quando le sto mentendo» aggiunge, uscendo dal bagno con il suo vestito asciutto tra le mani. «E ieri sera ho dimenticato di dare da mangiare a Barney, quindi devo tornare a casa il prima possibile.»
«Chi è Barney?»
«Il mio gatto. In realtà, non è proprio mio, dal momento che è un randagio, ma ogni giorno viene a trovarmi davanti alla mia finestra e questo lo rende mio. Ieri sera non ha mangiato, quindi ora sarà affamato il doppio e devo farmi perdonare con una doppia razione di cibo.»
Chloe è in piedi davanti a me e i miei occhi scorrono di nuovo sui vestiti che indossa, il mio sguardo è involontariamente fermo sulla mia maglia preferita.
Ora la parte razionale di me è completamente vigile e mi spinge a smetterla di comportarmi come se non avessi mai visto una ragazza indossare i miei vestiti. Cosa che effettivamente non è mai successa prima, almeno non con la mia maglia preferita.
«Ti riaccompagno a casa.»
«Grazie» risponde, sorridendo timidamente. «Mi rimetto il vestito e poi sono pronta per andare.»
«Puoi tenere i miei vestiti.» Subito mi sento in imbarazzo per questa stupida richiesta fatta. «Insomma, fuori sembra fare ancora piuttosto freddo per uscire con quel vestito.»
Mentre parlo, una parte di me si perde nel pensiero che, per quanto sarebbe bello vederla ancora con quel vestito addosso, l'idea che si togliesse i miei vestiti di dosso mi fa sentire a tratti fisicamente male.
Sei ridicolo, ribatte la mia parte razionale.
Non sono mai finito per pensare a qualcosa del genere per nessuna. Sto decisamente iniziando a perdere la ragione.
«Okay. Te li farò riavere lavati e stirati» risponde Chloe, senza opporre resistenza.
«Non preoccuparti, per questo c'è la lavanderia del campus.»
«Te li farò riavere comunque lavati e stirati» ripete.
Dal tono fermo con cui lo dice immagino di non poter fare nulla per farle cambiare idea su questo aspetto.
Scendo dal letto e raggiungo rapidamente il bagno, dove cerco di sistemare il problema ormai evidente nei pantaloni.
Chiudo gli occhi e respiro profondamente davanti allo specchio, cercando di calmarmi, prima di riaprirli e costringermi a mantenere il controllo della situazione.
È mattina e una ragazza era letteralmente sopra di me fino a qualche minuto fa, questa è una combinazione pessima. Il fatto che la ragazza in questione è lei non fa che peggiorare ulteriormente le cose.
E lei è così bella.
Cristo, devo smetterla di pensare a lei sopra di me mentre sto cercando di risolvere il problema nei pantaloni.
«Nate, tutto bene?» domanda Chloe dall'altra parte della porta del bagno.
Dalle mie labbra deve essere uscito un lamento involontario.
«Sto bene, sono quasi pronto» rispondo, alzando lo sguardo verso lo specchio, dove vedo una persona che chiaramente non sta affatto bene.
Il piano è semplice: riaccompagnarla a casa.
Le cose che devo evitare: perdere completamente la testa per lei.
❄️
«Dovresti venire a suonare la chitarra nelle serate karaoke del pub dove lavoro» dice Chloe, sistemandosi nel sedile passeggero della mia auto.
Sto per girare la chiave nella serratura, quando la sua proposta inaspettata mi paralizza.
La guardo, cercando di capire se sta scherzando o se è seria.
«Cosa?»
«Ho detto che potresti venire a suonare nel pub dove lavoro» ripete lei, allacciandosi la cintura di sicurezza. «Sei davvero bravo.»
È la prima volta che qualcuno me lo dice, se si esclude l'insegnante di musica da cui prendevo lezioni da bambino; immagino che fosse parte del suo contratto di lavoro fare complimenti a tutti i suoi allievi.
«Non si può fare, non suono mai in pubblico.»
«Ieri sera lo hai fatto.»
«Ieri sera è stata un'eccezione. Non succederà più.»
«Ti vergogni di cantare in pubblico o qualcosa del genere?»
«Qualcosa del genere» rispondo, tagliando corto.
La verità è che non suono mai in pubblico dal giorno in cui, per la prima volta, ho detto a mio padre che non sarebbe stato nei miei piani futuri seguire le sue orme da avvocato. Gli ho detto, senza troppi giri di parole, che nei miei programmi c'era giocare a hockey e, una volta ritirato dallo sport, avrei passato il resto della mia vita a scrivere e comporre canzoni.
Inutile dire che non l'ha presa bene. Mi ha guardato con un odio negli occhi che non penso di avergli mai visto addosso e, in un impeto di rabbia, ha preso una delle mie chitarre e l'ha lanciata contro la parete della mia vecchia stanza.
Non credo dimenticherò mai il rumore della chitarra che si frantuma a terra dopo l'impatto.
Quello è stato il giorno in cui ho preso la decisione di andarmene di casa e trasferirmi al dormitorio. Lo stesso giorno in cui ho smesso di suonare la chitarra e comporre una canzone.
L'unico motivo per cui mio padre mi ha lasciato andare è stato perché è sempre stato fermamente convinto che, una volta che non vedrò arrivarmi proposte dalle squadre maggiori di hockey, dovrò per forza puntare tutto sulla carriera di avvocato nel suo studio legale.
«Lì sotto dovrebbero esserci dei cd» dico a Chloe, indicandole il cassettino portaoggetti davanti a lei.
Ringrazio mentalmente il Nate della scorsa settimana per aver fatto una pulizia approfondita nell'auto e aver tolto tutto quanto, preservativi compresi.
Mentre mi immetto nella strada principale, la vedo sfogliare alcuni cd, leggendo i titoli che ho scritto sopra. La maggior parte di quei titoli sono stati scritti talmente tanto tempo fa che non ricordo nemmeno di averli scritti.
«Playlist pre-partita» legge ad alta voce. «Playlist di Finn» dice, passando ad un altro. «Playlist uscite di gruppo.»
«È la playlist generale che ho fatto fare ai ragazzi per evitare litigate quando usciamo tutti insieme» le spiego.
Mi rendo conto che, detta così, sembra che esca a fare serata con un gruppo di bambini di 5 anni.
«Playlist post-partita, in caso di vittoria» legge un nuovo titolo. Poi, passa al cd successivo. «Playlist post-partita, in caso di sconfitta.»
In quest'ultima playlist sono quasi tutte canzoni di Lana Del Rey.
«Hai messo Hey Daddy (Daddy's Home) nella playlist per il sesso?» domanda.
Quasi mi schianto contro l'auto davanti a me quando vedo il cd che tiene tra le mani. Ricordo di averlo creato quando abbiamo scoperto che le pareti del dormitorio erano più sottili del previsto, ma non avevo idea che fosse ancora tra questa montagna di cd.
«Aspetta, in quest'auto tu hai...» inizia Chloe, indicando il sedile su cui è seduta.
Quando capisco a cosa si riferisce rischio davvero di inchiodare.
«No. Dio, certo che no. Non è mai successo niente in quest'auto» rispondo rapidamente, mantenendo lo sguardo fisso sulla strada. «Pepper è sacra, non succederà mai niente qui dentro.»
La vedo scivolare di nuovo nel sedile, mettendo velocemente a posto tutti i cd.
«Non so nemmeno perché quella playlist esiste, non l'ho mai usata» continuo a giustificarmi, senza nemmeno capire perché senta il bisogno di farlo. «Non metto musica mentre faccio sesso, tanto per chiarire. Sarebbe imbarazzante avere una colonna sonora anche per quello.»
«Non devi giustificarti» risponde lei, mantenendo lo sguardo fuori dal finestrino. Riesco a percepire l'imbarazzo che la spinge a evitare il mio sguardo. «Hai una colonna sonora per tutto?» mi chiede.
So che sta cercando di cambiare argomento.
Quello che vorrei anche io, per questo colgo la palla al balzo.
«Quasi per tutto. Per la maggior parte delle cose, in realtà.»
«Perché?»
«La spiegazione è abbastanza stupida.»
Sento il suo sguardo su di me. «Ora lo voglio sapere.»
«A volte, considero la mia vita come una sorta di film e ci sono momenti in cui sento che ogni scena ha bisogno della colonna sonora giusta, come se fosse obbligatorio per renderle valide da essere vissute. Lo so, è una cosa piuttosto stupida.»
«Anche questo momento ha una colonna sonora?»
Quando la guardo mi rendo conto che è una domanda seria.
Non c'è nemmeno bisogno di pensarci. Alcune colonne sonore si fanno strada nella mia mente non appena inizia la scena.
«Cd nella custodia verde, traccia numero 8.»
Chloe inizia a frugare tra i cd, finché non trova quello verde, privo di etichetta. Lo tira fuori e lo inserisce nel lettore dell'auto.
Non appena le prime note della canzone iniziano a diffondersi nell'abitacolo, Chloe la riconosce immediatamente.
«Amo questa canzone» dice, alzando il volume e abbassando il finestrino.
I, I will be king
And you, you will be queen
Though nothing will drive them away
We can be heroes, just for one day
We can be us, just for one day
Involontariamente, comincio a tamburellare le dita sul volante, seguendo il ritmo della musica che riempie l'auto.
Ogni tanto, la sua mano si sporge dal finestrino, muovendosi come se volesse giocare il vento.
Guardando i suoi capelli svolazzare fuori dal finestrino e il sorriso che ha sulle labbra, mi rendo conto che forse nessuna canzone potrebbe mai essere all'altezza di questo momento.
L'unico lato negativo di quel momento è che, anche andando più piano del solito, la casa di Chloe non è poi così lontana dal mio dormitorio. In appena cinque minuti ci ritroviamo già sulla strada che conduce al suo vialetto.
«Quella è l'auto di coach Morrison?» domando, frenando bruscamente. «Quello è coach Morrison?» aggiungo, quando lo vedo scendere dall'auto.
Lo vedo fare il giro della sua auto e aprire la portiera del passeggero.
«Quella è mia madre?» urla Chloe.
Quando vedo i due baciarsi davanti ai nostri occhi, capisco subito cosa sta succedendo.
«Tua madre e il mio coach?»
«Il tuo coach e mia madre?» domanda lei contemporaneamente.
Adesso che tutti i pezzi del puzzle si stanno mettendo insieme, mi rendo conto che avrei dovuto capirlo prima che il coach sta uscendo con qualcuna, a partire da quel suo forte profumo particolare che ultimamente porta sempre addosso, o dal fatto che dopo gli allenamenti non si ferma più nel suo ufficio come ha sempre fatto.
Coach Morrison apre la portiera posteriore della sua auto, estrae una borsa e la porge alla signora Moore, prima di chinarsi nuovamente verso di lei per baciarla.
«Che tipo è il tuo coach?» mi chiede Chloe, slacciandosi la cintura per potersi voltare completamente verso di me.
Quando mi giro verso di lei, la trovo in modalità interrogatorio.
«È una persona a posto.»
«Ne sei convinto?»
Faccio spallucce. «È il mio coach, non mio padre. Certe cose non le so.»
«È affidabile?» domanda, come se non avesse minimamente sentito quello che le ho appena detto.
«Non è mai arrivato in ritardo ad un allenamento, quindi immagino di sì.»
«Intendevo con le donne.»
Mi porto una mano dietro la testa. Non so cosa rispondere.
«Non credo di averlo mai visto uscire con una donna. Credimi, tutto questo è nuovo anche per me.»
«Sai se ha figli?»
«Lui non parla molto spesso della sua vita privata, ma sono piuttosto sicuro del fatto che non ha figli. Non l'ho mai visto con un bambino, né l'ha mai portato a una delle nostre partite.»
Chloe annuisce, assimilando e processando ogni informazione, quasi come un vero investigatore.
«Sai dove vive?» continua.
«Hai deciso di farmi un interrogatorio proprio adesso?» rispondo, mentre vedo coach Morrison interrompere il bacio con la signora Moore per guardare il suo telefono. Mi rendo conto che Chloe è troppo concentrata su di me per notare questa scena, e sono sicuro che se lo avesse fatto, il coach sarebbe scivolato di almeno dieci punti nella sua personale scala di gradimento.
Mi chiedo che messaggio può mai essere così urgente da fargli interrompere un bacio come quello.
«Voglio solo sapere se mia madre sta con qualcuno di affidabile» risponde Chloe.
«Penso solo che forse non è il momento giusto per farlo» dico, indicandole l'orario segnato sul cruscotto. «Mi hai tirato fuori dal letto alle sei di mattina per tornare a casa prima di tua madre e ora siamo qui da cinque minuti a spiarli e comportarci come dei guardoni.»
La vedo pensarci su per qualche secondo. «Hai ragione» ammette, raccogliendo velocemente tutte le sue cose dalla mia auto. Una volta preso il vestito e il cellulare, apre lentamente la portiera. «Entrerò dal retro, ho tutto sotto controllo. Grazie per il passaggio. E per la doccia. E anche per i vestiti. E per tutto il resto.»
Quei suoi occhi verdi mi fissano come se avessi fatto chissà quale gesto eroico per lei.
Vorrei dirle che quello che ho fatto per lei ieri sera è nulla in confronto a quello che sarei disposto a fare se solo mi dicesse chi l'ha portata a vivere con quel terrore che si porta appresso, ma non dico nulla perché lo ho promesso che non avrei insistito.
«Non c'è di che» rispondo invece, obbligandomi a non aggiungere altro.
«Dicevo sul serio quando prima ti ho detto che potresti venire a suonare al pub. Pensaci.»
«Ciao, Chloe» dico, guardandola mentre chiude delicatamente lo sportello, cercando di non fare troppo rumore.
L'idea di suonare in pubblico è ancora fuori discussione.
Rivolgo lo sguardo di nuovo verso coach Morrison, che sta mettendo il cellulare nella tasca, mentre la signora Moore si sta avviando verso casa.
Immagino che Chloe sia già entrata dal retro, quindi sono pronto a partire quando sento il cellulare vibrare nella tasca dei pantaloni. Quando lo tiro fuori vedo che è un messaggio del coach.
Ti ricordo l'appuntamento con la psicologa di questa mattina.
«Questo deve essere uno scherzo.»
❅ ❄︎ ✳︎ ✴︎ ❄️ ✴︎ ✳︎ ❄︎ ❅
Alloooooora
A volte posto dopo settimane e a volte dopo tre giorni... questa sono io...... 🙃
A parte gli scherzi, ho postato questo capitolo prima di sabato perché l'ho suddiviso in due parti, cosa che probabilmente farò anche per tutti gli altri capitoli così non dovrete aspettare troppi giorni per il capitolo successivo.
Non so che volto avete dato voi a coach Morrison e alla signora Moore ma nella mia testa sono esattamente LORO
Ci vediamo al prossimo capitolo 💙
(godetevi questi capitoli """"tranquilli"""" presto li rimpiangerete)