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(Cap.12) Il CODICE

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Da quel momento cominciammo a parlare utilizzando quello che avevamo a disposizione, tentando di comunicare.

"Mangio ancora un'altra porzione... Non so se faccio bene." Preoccupazione. Era preoccupato.

"Io credo che possa... farti male."

Pericolo. Stai attento a quello che dici o fai.

"A volte non so proprio cosa decidere... mi sento un po' frastornato"

Impotenza. L'avvertiva anche lui?

Loredana ci guardava perplessa e prima che potesse intervenire dicendo qualcosa che avrebbe potuto evidenziare l'anormalità della nostra conversazione, le feci vedere un video molto divertente postato su LOLA e, complice anche il vino, cominciammo a ridere.

La telecamera si era spostata su un altro tavolo.

Presi la saliera e la feci cadere volontariamente sul tavolo dicendo "NO!", poi raccolsi un po' di sale dalla tovaglia per buttarmelo dietro le spalle e dissi "SI!".

Marco annuì.

Prese anche lui un po' di sale e se lo buttò alle spalle dicendo "SI!"

"Loredana butta anche tu, lo sai che è anti-sfortuna!"

Stavamo creando un codice.

Presi la forchetta e la lasciai cadere di fianco al piatto.

Marco disse "NO" e poi aggiunse "Così non si fa, bambina maleducata"

Io presi i capelli e con le mani li spostai dietro le spalle dicendo "SI'" e aggiunsi "hai ragione".

Ci guardammo negli occhi e mi arrivò chiaro il suo "Ho capito".

Far cadere qualcosa = No.

Spostare qualcosa dietro le spalle = Sì.

"Che dite, andiamo a fare due passi? O venite a bere qualcosa da me?"

Uscimmo dal locale, fuori era buio ma le telecamere erano ovunque. Passeggiammo nel parco, sotto la luce dei lampioni, incrociando di tanto in tanto un PoliRobot.

"Avete visto il deragliamento del treno?"

"Sì, spaventoso."

"Avevano parlato di possibile attentato, si è saputo più niente?"

"Non ho sentito niente."

"Quei gruppi di cui parlavi Marco, che tipo di musica suonano?"

"Direi che sono vagamente rock, come i vecchi Queen, te li ricordi?"

Mi spostai i capelli dietro le spalle.

Sì. Avevo capito.

"Ma si possono sentire? Su che canale?"

"Ora non mi ricordo bene i nomi ma te li mando." E fece cadere una penna.

No. Non era possibile o facile contattarli.

Dovevamo fare attenzione, una parola di troppo o un movimento troppo forzato, ci avrebbe fatto scoprire. Continuammo a camminare parlando di musica e dei nostri ricordi di un mare pulito, trasparente, dei colori dei pesci.

"Ho visto un acquario."

"Ma va? Dove?"

"Nel Centro Recupero dove lavoro adesso. A proposito, vi ricordate di Paolo? Quello studente che veniva spesso anche in palestra? Adesso è il Responsabile dell'Istituto, e l'acquario era nel suo ufficio."

"Davvero? Ha fatto carriera. Incredibile, è uno dei pochi, non ci sono molte possibilità, competere con gli I.O è praticamente impossibile."

Poi, accortosi di aver detto qualcosa di interpretabile, aggiunse "Non siamo all'altezza."

"Diciamo che, come sai, nel mio campo abbiamo più opportunità, non abbiamo gli alter ego."

"Ah già, dimenticavo che anche tu..."

"E come sta? È soddisfatto?"

Mi spostai i capelli dietro le spalle.

Sì. È integrato nel Sistema.

Marco mi guardò. Io continuai a parlare dell'efficienza del reparto, dei progressi fatti.

"Quindi Paolo può esserci d'aiuto nello sviluppo!" disse Marco porgendomi un fiore che aveva raccolto.

Presi il fiore sorridendo e lo feci cadere.

NO. Non sono sicura di lui.

Raccolsi il fiore e aggiunsi "Lavora molto, è molto centrato. I progetti devono essere molti"

"Allora stai seguendo due pazienti?"

"No, me ne hanno assegnato uno solo. Credo si tratti di leggerezza comportamentale."

E lasciai cadere il fiore un'altra volta.

No. Non credo sia così.

"A volte si possono prendere degli abbagli. Gli esseri umani sanno confondere." rispose Marco.

Mi avvicinai alla sua giacca e cominciai a far cadere alcune foglioline bianche cadute da chissà quale albero.

No. Credo sia lucido, molto lucido.

"Non sarà mica un eversivo?"

"Ma figurati! È solo uno che ha fatto una partita di basket con degli amici. Sudare non è mai stato considerato contro il Sistema!" risposi spostando i capelli dietro le spalle.

Sì. Probabilmente è un rivoluzionario.

L'idea che mi ero fatta di Alexander era proprio di un uomo che stava cercando di ribellarsi.

Eravamo seduti su un muretto vicino a una siepe e arrivò un PoliRobot.

"Non è sicuro stare qui di notte. Tornate a casa."

Prima che potessi chiedere perché, Marco si alzò ringraziando "Certo, ha ragione."

C'incamminammo verso i treni in silenzio.

"Loredana quando vuoi possiamo fare shopping insieme!" dissi ridendo amaramente.

"Ma sì..." rispose Loredana "fammi terminare di sistemare tutto a casa e prima vi invito, poi ci sfoghiamo con un pomeriggio di shopping!"

Il ricordo dei pomeriggi passati tra le vetrine mi fece rattristare. Ora potevamo solo utilizzare internet, la scelta era impressionante, le taglie arrivavano sempre perfette, ma nessuno ci avrebbe mai ridato quei piacevoli momenti di svago senza meta.

La prima a partire fu proprio Loredana, poi toccò a me. Marco aveva aspettato che arrivasse il mio treno. La cavalleria non era morta, almeno per il mio amico.

Lo salutai dal finestrino, guardando la sua immagine allontanarsi.

A presto amico mio. 


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