La smaterializzazione, per fortuna, andò bene. Si ritrovò dopo qualche secondo, ancora abbracciata a George, in un posto veramente bizzarro. Di fronte a lei una strada lastricata in pietra, gremita di gente con borse e pacchetti sottobraccio. Le persone che le passavano accanto avevano uno strano senso della moda: cappelli a punta, mantelli leggeri sulle spalle, alcune donne avevano anche scope in mano.
A entrambi i lati della strada vide una serie di negozi e locali in legno, con ampie vetrate da cui era possibile scorgere l'affaccendarsi dei clienti all'interno. Isabelle si guardò intorno, confusa e spaventata. Poggiando una mano sul petto di George, chiese: «Ma dove siamo?»
«Benvenuta a Diagon Alley. E benvenuta ai Tiri Vispi Weasley» rispose lui, mentre si girava a indicare ciò che si trovava alle loro spalle.
Girandosi, la ragazza rimase sorpresa e incantata dalla maestosità della struttura. Notò a primo impatto l'enorme riproduzione di George, o Fred, non riusciva a capirlo, posta sopra la porta. L'effetto era pazzesco: sembrava che ci fosse un gigante con le sue, anzi le loro sembianze, che alzava ripetutamente un cappello a cilindro con una mano, grazie a quello che Isabelle ipotizzò essere un ingranaggio meccanico. O forse, visto il luogo in cui si trovava, era azionato dalla magia. Le grandi porte d'ingresso erano composte da legno di colore marrone, e completate da grandi vetri chiari.
«Andiamo?» chiese George porgendole una mano. Titubante, lei la prese e si avviarono dentro.
L'interno la lasciò ancora di più a bocca aperta. Il locale era enorme, con un soffitto altissimo. Alzò lo sguardo e rimase estasiata di vedere una serie continua di piccoli fuochi d'artificio che esplodevano causando scintille di ogni colore. Di fronte a loro, un enorme scala che si ergeva quasi fino al soffitto, con una balaustra composta da legno colorato, più precisamente di colore verde, arancione, blu, rosso, in un esatta sequenza che si ripeteva fino all'ultimo piano.
«Vieni, ti faccio fare un giro» le disse George, mentre la prendeva per mano e la tirava, portandola ad esplorare quel piccolo paradiso magico.
Al piano terra, di fronte a uno scaffale molto alto pieno di prodotti strani, si trovava Ron, intento a fare rifornimento. «Ciao ragazzi, siete arrivati!» esclamò con un sorriso sul volto. Si avvicinò, abbracciando Isabelle. «Come stai? Ti piace il negozio?»
«Ehm, sì è molto bello ma... sono un po' spaesata! Dici che è normale?» rispose lei, ridendo imbarazzata.
«Stai tranquilla, la prima volta ha fatto lo stesso effetto anche a me!» disse, prima di girarsi verso George. «Abbiamo avuto qualche problema con i Pasticcetti Svenevoli, non sono arrivati insieme al carico degli altri Fondenti Febbricitanti! Dobbiamo andare dal fornitore a prenderli, sai che con l'inizio del nuovo anno scolastico quelli vanno a ruba...»
«Va bene Ron, dopo ci penso io. Adesso porto Isabelle a fare il tour del negozio. Puoi riaprire tu? Mi sembra di vedere già una piccola fila fuori!» rispose girandosi verso le porte di ingresso.
Dopo averle mostrato l'area riservata ai "prodotti scolastici", più precisamente utili per barare nei compiti, come la Piuma Autocorreggente, la Piuma Autoinchiostrante o la Piuma Rispostapronta, e l'area riservata ai filtri e alle pozioni d'amore, si recarono al piano successivo, dove George le fece osservare una dimostrazione dell'effetto delle Crostatine Canarine che la spaventò a morte, visto che per qualche secondo il suo ragazzo si trasformò in un grosso canarino rosso.
Infine, all'ultimo piano le fece assaggiare i Marchi Neri commestibili, che trovò particolarmente dolci e buoni nonostante il nome, e infine le diede una dimostrazione pratica delle Orecchie Oblunghe, con cui riuscirono a sentire Ron parlare con alcuni clienti.
Estasiata, Isabelle osservava con occhi sgranati tutto ciò che la circondava. Non le sembrava vero di essere entrata a far parte di quel mondo così spettacolare. Pensò immediatamente a Stella, e a come si sarebbe divertita di fronte a tutto ciò.
«Pensi a lei, non è vero?» le chiese George, mentre scendevano le scale mano nella mano.
Lei rispose annuendo. «Sarebbe rimasta senza parole, e non se ne sarebbe più voluta andare! Avresti dovuto tenerla qua intere settimane!» disse ridendo.
Arrivando nuovamente al pian terreno, videro Ron impegnato a servire alcune ragazzine che lanciavano gridolini eccitati, mentre sceglievano delle pozioni d'amore. George si chinò di fronte a una enorme gabbia, posta di fronte alla cassa. La aprì e prese un piccolo esserino in mano. Avvicinandosi meglio, Isabelle notò che era un batuffolino di pelo viola, con un minuscolo musino bianco e due occhioni neri che la scrutavano.
«Questa è una Puffola Pigmea. Sono esserini molto dolci e leali. Tieni, prova a tenerla tu!» disse, passandole il piccolo animaletto. All'inizio titubante, Isabelle poi si rilassò, e probabilmente quell'animaletto viola lo sentì. Infatti, abbandonò le sue mani e iniziò a rotolare sul suo braccio, arrivando poi alla spalla. Lei rise, La vista di quell'esserino e udire il suo trillo felice le diedero il buonumore, anche se essendo un suono acutissimo le provocò un fischio alle orecchie per qualche minuto.
«Te la regalo, è tua. Come la vuoi chiamare?» le disse George, mentre la guardava con un'espressione divertita.
«Oh no, George... non posso accettare!»
«Bel, dai. Non credo che andremo in bancarotta per una Puffola. Avanti, pensa un nome!»
«Ma è maschio o femmina?»
«Bella domanda... Puoi pensare ad un nome unisex?» chiese lui, grattandosi la nuca.
«Ok, va bene... che ne pensi di... Woody? Come il cowboy di Toy Story!»
«Mi sa che devo farmi una cultura sui cartoni animati babbani. Comunque, che Woody sia!» disse lui, mentre riprendeva l'animaletto dalle spalle della ragazza. Lo inserì in una piccola gabbietta e poi le tese una mano. «Adesso andiamo al piano superiore. Voglio farti vedere l'appartamento, e poi ho un'altra cosa da dirti».
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Vedere i suoi occhi pieni di gioia e il sorriso sul suo volto gli scaldò il cuore. Quella era la sua casa, la sua vita, e sapere che lei la accettava e non ne era spaventata lo faceva sentire al settimo cielo.
«Però, non credevo che saresti stato così ordinato!» esclamò lei ridendo e guardandosi intorno.
«Ehm, in realtà è passata mia madre stamani a dare una pulita, le avevo detto che volevo portarti qua...» rispose grattandosi la nuca con fare imbarazzato.
Dopo averle fatto vedere la sala, la cucina, il bagno e la sua camera, indugiò un attimo di fronte alla porta chiusa della stanza di Fred. Lei si avvicinò e intrecciò la mano destra con la sua. «Non dobbiamo entrarci per forza, se non te la senti. Va bene lo stesso» disse quasi leggendogli nel pensiero.
Esitò ancora per qualche secondo. Poi, decise che sarebbe entrato. Forse, con Isabelle, sarebbe riuscito a rimanere nella stanza per più di pochi minuti. Girò con mani tremanti il pomello e insieme entrarono.
Di nuovo, tutte le foto alle pareti gli procurarono una fitta al petto. Vide Isabelle che le fissava, mentre passava delicatamente una mano a sfiorarle. «Fa strano di entrare nello spazio privato di una persona che non c'è più...» disse in un sussurro. «Mi sembra di violare qualcosa di sacro, un limite invalicabile».
Lui annuì, spiazzato da quella frase. «Sono sicuro che Fred è felice di saperti qua. È sempre stato un esibizionista, di sicuro non si sarebbe infastidito!»
«Raccontami ancora un po' di lui, mi piace quando lo fai».
Si posizionarono sul letto di Fred, uno accanto all'altro. Lui appoggiò la testa sulla sua spalla, mentre iniziava a far fluire i ricordi.
«Beh, con Fred era sempre un divertimento. Non riuscivamo mai a stare fermi e buoni. Abbiamo fatto impazzire nostra madre non so quante volte.... Pensa che una volta abbiamo cercato di rinchiudere Percy in una piramide, durante il viaggio per andare a trovare Bill in Egitto. Ma lei ci ha scoperti... è stato un peccato!» disse sorridendo. «Oppure, una volta al primo anno di scuola, durante una delle tante punizioni da parte del Custode, Gazza, abbiamo rubato la Mappa del Malandrino, che ci ha permesso di sgattaiolare in ogni posto che volevamo senza farci vedere, grazie a milioni di passaggi segreti...»
«Ti invidio, sinceramente. Il massimo del divertimento nella mia scuola era l'ora di teatro, e non mi piaceva nemmeno tanto!» esclamò lei.
«Ah, e una volta Fred ha fatto mangiare una Mou Mollelingua a quello stupido cugino di Harry, ci abbiamo riso per settimane! La sua faccia era imbattibile, me la ricordo ancora!» disse ridendo di gusto.
Anche lei rideva, e in quell'esatto istante, George capì che Isabelle stava curando la sua anima. Non era mai riuscito a parlare così tanto di Fred, non in questi termini felici, e soprattutto non nella sua stanza. Si avvicinò per darle un bacio sulla guancia e le sussurrò all'orecchio «Grazie, grazie davvero... non sai quanto significhi questo per me.»
«Di che cosa volevi parlarmi?» chiese lei, cambiando discorso.
«Ecco... vorrei proporti una cosa. Non so quanta voglia avrai di accettare dopo l'offerta di quello stupido biondino ma...» si interruppe, vedendo lo sguardo torvo che Isabelle gli stava lanciando. «Ok, ok la smetto... insomma, so che non ti trovi molto a tuo agio a continuare il lavoro al locale, quindi mi chiedevo se ti andasse di venire a dare una mano a me e Ron al negozio. Senza Percy adesso sarà un problema, tanto più che con la scuola appena iniziata abbiamo tanto da fare. Che ne pensi? Potresti gestire gli orari come meglio preferisci, insomma... hai carta bianca. Ma mi farebbe davvero piacere poterti aiutare, e averti spesso intorno renderebbe felice soprattutto me!»
Lei sembrò titubante. «Io... io non lo so George. Voglio dire, sono lusingata dalla tua proposta ma... questo mondo è completamente nuovo per me e devo ancora abituarmici... insomma... non lo so...» rispose alzandosi. Iniziò a girare per la stanza, contorcendosi le mani, pensierosa.
«Ehi, Bel. Non c'è fretta, pensaci bene e poi mi fai sapere. E sappi che non ci rimarrò assolutamente male se dirai di no. Lo capisco».
A quelle parole, Isabelle sembrò tranquillizzarsi. George non voleva forzarla in alcun modo, anche se avrebbe tanto voluto che accettasse.
La ragazza, continuando a girare per la stanza, passò di fronte ad un grande scaffale pieno di oggetti di vario tipo, come la mazza da battitore di Fred e alcuni libri scolastici, ovviamente ancora intonsi. Isabelle inclinò la testa per leggerne i titoli e, poco dopo, inserì una mano tra due grandi tomi, cercando di tirare via qualcosa.
«Che cos'è questo...?»
George si alzò dal letto e osservò il plico di pergamene ingiallite dal tempo che la sua ragazza teneva tra le mani. Sopra, riconobbe immediatamente la grafia sprecisa e disordinata del fratello, oltre a molte macchie di inchiostro e scarabocchi, come -Weasley Supremacy- scritto di traverso oppure -nuova idea per prodotto esplosivo, ricordati di farla vedere a George-. In alto, però, catturò la sua attenzione la scritta "Esercito di Silente", scritta con precisione e minuzia.
«Credo che sia una sorta di quaderno per gli appunti. Non l'avevo mai notato prima, e mi sembra strano. Non ho mai visto Fred prendere note in vita sua, mai in nessuna lezione!»
Lei iniziò a sfogliare le pergamene, passando come suo solito le dita sopra per sentirne la consistenza. «Cos'è l'Esercito di Silente?»
George esitò qualche secondo prima di rispondere. «Devi sapere che al nostro settimo anno, abbiamo creato una sorta di resistenza interna alla scuola, ci chiamavamo appunto l'Esercito di Silente e cercavamo di non sottostare ai soprusi della Preside del momento, la Umbridge... probabilmente Fred ha preso qualche appunto, forse per esercitarsi successivamente e non scordarsi ciò che Harry ci stava insegnando.»
«Qui c'è scritto Reducto... che figata, polverizza oggetti di piccole dimensioni?» chiese lei con una nuova luce negli occhi. Si emozionava sempre di fronte alla magia.
George rise. «Sì, oppure in alcuni casi può anche far saltare in aria gli oggetti.»
«Expecto Patronum... questo a cosa serve? C'è scritto poco e niente, c'è solo un disegno di due animali... anche questo l'ha fatto Fred?»
George si immobilizzò, freddato di fronte a quelle parole. Vide disegnato in modo stilizzato sulla pergamena una iena e un coyote, i loro Patronus, e una fitta di forte dolore si fece strada nel petto.
«George, che succede?» chiese Isabelle cambiando immediatamente espressione. Poggiò le pergamene di nuovo sullo scaffale e posò le mani sul suo volto, accarezzandolo. «Sei sbiancato... che hai?»
«I-io... non...»
«Vieni, rimettiamoci a sedere» disse guidandolo di nuovo sul letto. «George, ti prego... parlami. Non tenerti le cose dentro. Cosa c'è di così terribile in questo Expecto Patronum?»
Lui sospirò, poi si decise a parlare. Isabelle aveva ragione, tenersi tutto dentro, soprattutto il dolore, non aveva mai portato a niente di buono. «Non c'è niente di terribile, anzi. È uno degli incantesimi particolari che ci ha insegnato Harry, che permette di evocare un Patronus appunto, composto da energia positiva che serve principalmente per difendersi da creature oscure, come i Dissennatori, e prende la forma di un animale. Per poterlo evocare si deve pensare al ricordo più felice che abbiamo in assoluto. Vedi, io... io non sono riuscito più ad evocarlo, perché tutti i miei ricordi felici erano con Fred e... non ci riesco più. Per questo, ho reagito così.»
«Oh George... è terribile, mi dispiace così tanto... scusa, non volevo, non sapevo che-»
«Isabelle, non devi scusarti, non hai fatto assolutamente niente. Non potevi saperlo. E poi, grazie a te sto creando nuove magnifiche memorie. Ricordi felici che non potrò mai scordare.»
«Perché non provi, allora?»
«Provare cosa?» chiese lui con lo sguardo confuso.
«Hai detto che per evocarlo dovresti pensare al ricordo più felice che hai, no? Ecco, perché non provi a pensare a uno di quelli che abbiamo insieme? So che non stiamo insieme da molto tempo, anzi forse pochissimo ma... se dovessi farlo io, saprei già a cosa pensare!» esclamò lei con uno dei suoi magnifici sorrisi sul volto.
«Non lo so...» disse abbassando lo sguardo. Era confuso, e non sapeva cosa fare. Sarebbe stato tentato di provare, ma se non fosse riuscito? Ci sarebbe rimasto ancora più male.
«Provo ad aiutarti. Se dovessi scegliere, il mio ricordo più felice con te è... beh, ce ne sono già molti! Ma dovendo scegliere, io direi... quella sera a Parigi, quando sul Pont Neuf hai messo le braccia intorno alla mia vita a hai appoggiato il mento sulla mia spalla, e insieme abbiamo guardato i fuochi d'artificio. Ecco, questo per me è uno dei ricordi più felici.»
Dopo averci pensato per qualche minuto, in silenzio, George si convinse. Valeva la pena provare, e se non fosse andata bene avrebbe comunque potuto contare su Isabelle. Non sarebbe rimasto solo nel suo dolore.
Dopo essersi schiarito la voce, si alzò in piedi ed estrasse la bacchetta dalla tasca dei pantaloni. Chiuse gli occhi e cercò di concentrarsi sul suo ricordo più felice con la ragazza. Il suo pensiero, però, andò immediatamente e inevitabilmente ai mille momenti divertenti e spensierati passati con Fred, e questo gli provocò una fitta allo stomaco. Ma quelle scene presto furono sostituite da altre. Isabelle che pronunciava ti amo per la prima volta, le sue labbra sulle sue. Il suo sorriso spontaneo di fronte a una battuta, i loro corpi fusi insieme.
«Expecto patronum!» esclamò, facendo fare un ampio movimento alla sua bacchetta.
Una lieve luce blu si sprigionò dalla sua bacchetta, rientrando però poco dopo. La delusione iniziò a montare, cocente.
«Lo sapevo, non ha funzionato...» disse mesto, provando a rimettersi a sedere.
«No, tu adesso riprovi! Non devi arrenderti, forza amore!» esclamò, impedendogli di sistemarsi di nuovo accanto a lei.
Sospirando una volta ancora, richiuse gli occhi. Come prima, diverse immagini si susseguirono nella sua mente, ma lui cercò di focalizzarsi su una in particolare. E poi, finalmente, eccola. I suoi occhi verde scuro, in cui a volte gli sembrava di annegare, che lo guardavano, mentre dalla sua bocca uscivano le parole che aveva aspettato per lungo tempo. Quattro parole pronunciate con la sua dolce voce, che riusciva sempre a provocargli brividi di piacere e gioia: «Ti amo anche io...»
«Expecto Patronum!»
Un fascio di luce azzurrina uscì dalla punta della sua bacchetta, e si riflesse negli occhi di entrambi. La luce, quasi immediatamente, prese la forma di un coyote, che iniziò a saltellare e volteggiare per la stanza, facendo un paio di giri intorno ad Isabelle, che reagì spalancando gli occhi e seguendo i suoi movimenti con lo sguardo, tenendo il fiato sospeso. Dopo qualche secondo, così come era arrivato, il fascio di luce sparì di fronte ai loro occhi.
«Ce l'ho fatta! Ce l'ho fatta, amore!» esclamò George, buttando la bacchetta sul letto e sollevando la ragazza da terra. Annullò le distanze tra loro, baciandola con impeto e passione. Un bacio in cui era racchiusa tutta la gratitudine e la felicità di un ragazzo che, finalmente, aveva ritrovato un pezzo di sé stesso.
«Tu sei la mia cura, Isabelle Banks» disse in un sussurro sulla sua bocca, mentre la trascinava nella sua stanza, iniziando ad aiutarla a liberarsi dei suoi vestiti, per cedere ancora una volta a quell'amore e quella passione così travolgenti.
«E tu sei la mia, George Weasley!» rispose lei ridendo felice.
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E niente, eccoci qua! Stavolta l'ispirazione è arrivata immediatamente, spero che questo capitolo vi piaccia! Fatemi sapere nei commenti se avete qualche consiglio, ne sarei felice, o semplicemente se la storia vi piace per come si sta sviluppando.
Ringrazio, anche stavolta, effywriter perché ultimamente sto avendo parecchi blocchi dello scrittore e lei c'è sempre, pronta a consigliarmi o a darmi il suo parere. Grazie, veramente di cuore. 🧡
Detto questo, Baci stellari a tutti!✨