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3. Jeremiah, eight!

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Jeremiah's pov

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Jeremiah's pov

Ero in macchina con Noah e gli altri, stavamo andando alla festa a casa di David.

Il nuovo coach ci aveva massacrati.
Letteralmente.
Sentivo ogni fascia muscolare del mio corpo implorare pietà.

"Chissà come reagirà quando troverà tutte le sue cose sparse"
Ridacchiò Mark, mentre Noah rispondeva:
"Avrei voluto esserci solo per vedere la sua faccia."

Io sorrisi, fiero di quello scherzo che avevo architettato. Era stato un gioco da ragazzi, quando non mi aveva risposto quando l'avevo colpita con la spalla l'avevo preso come un affronto.

Nessuno poteva essere superiore a me ed ignorarmi.
Quindi insieme a Noah mentre le ragazze stavano iniziando ad allenarsi ci eravamo introfulati nello spogliatoio e non ci era voluto molto a riconoscere il suo borsone: aveva ricamato sul manico Megan.

Ci eravamo divertiti parecchio.

Mi ricordavo ancora la sera prima come mi aveva guardato, con quel suo atteggiamento come se tutto le fosse dovuto, come se solo lei sapesse giocare a basket e soprattutto come se chiunque le cadesse ai suoi piedi appena apriva bocca.

Mi ricordava qualcuno.

Ma aveva un difetto, come il sottoscritto: non diceva mai di no ad una fottuta sfida.
E così avevo vinto quel dannato pallone, che non era nemmeno chissà che cosa e forse non aveva nemmeno chissà quale significato per lei.

Però avevo vinto e questo aveva fatto accrescere il mio ego.

"Secondo voi verrà alla festa sta sera?"
Chiese Mark, mentre si beveva un po' di birra.
"Secondo me no, non avrà il coraggio."
Rispose Noah, mentre svoltava nella via dove si sarebbe tenuta la festa.

Xavier prese la parola:
"Secondo me si invece. Specialmente perché Cam andrà a prenderla."

Quante probabilità avevo che mia sorella facesse amicizia con Megan? E che poi alla combriccola si unisse anche Camille, che era sempre restia a tutto.

Lo guardai dallo specchietto retrovisore:
"Cosa te lo fa credere?"
Lui alzò le spalle, per poi ridacchiare:
"È tosta. Dai avete visto oggi come cazzo giocava."

Ed era vero.
Era una furia quando toccava una palla.
Gli occhi iniziavano a brillare di una luce diversa, quando ci eravamo incontrati al campetto non si era nemmeno resa conto che la stessi osservando da svariati minuti.

In quel momento sembrava quasi che ballasse, una danza ritmica, che però riusciva a farti concentrare solo su di lei.

Viveva nel suo dannato mondo quando giocava.
Alle selezioni era di cinque spanne superiore alle altre, nessuno riusciva a stare dietro al suo ritmo di gioco o alle sue idee.
Non era una giocatrice normale.

Tra i ragazzi delle squadra aveva subito spopolato, tutti durante l'allenamento avevano gli occhi fissi su di lei mentre faceva gli esercizi.

Avevo notato che aveva una meccanica di tiro strana, la sua palla non roteava in orizzontale quando veniva tirata, eppure non mancava un canestro.

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