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I.O - I OBSERVE YOU

By 3rosethorn

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Anno 2038. La vera gabbia non ha sbarre ma algoritmi.Sa quando sei felice e quando sei fragile, ti precede.Pe... More

I.O - Anno 2038 - 35 anni
(Cap.2) Anno 2027 - 24 anni - La morsa
(Cap.3) Anno 2038 -35 anni- Colloquio di lavoro
(Cap.4) Anno 2030 - 27 anni - Il collasso
(Cap.5) LUCE, NDE, MIND e LOLA
(Cap.6) Anno 2034 - 31 anni - Il Censimento
(Cap.7) Anno 2038 - 35 anni- Referendum OVER70
(Cap.8) Anno 2034 - 31 anni - Il Bracciale
(Cap.9) Anno 2035 - 32 anni - I.O - S.O - OUT
(Cap.10) Anno 2038 - 35 anni - Alexander
(Cap. 11) Barbablù
(Cap. 13) STUDIO 22
(Cap.14) Anno 2035- 32 anni- IL TRAINING
(Cap.15) 5 giugno, ore 08.30 - PADIGLIONE D
(Cap.16) Anno 2038 - 35 anni- Prendi, leggi
(Cap.17) Tutto accade spontaneamente
(Cap.18) INFINITO
(Cap.19) Sabato sera, ore 20.30
(Cap.20) TEATRO DIONISIO
(Cap.21) Prof. Paolo Gursa
(Cap.22) Venerdì ore 8.30 - EMERGENZA
(Cap.23) - GLOBAL ORDER
(Cap.24) CHIUDI GLI OCCHI
(Cap.25) SONDARE LA MENTE UMANA
(Cap.26) SBALZI ENERGETICI
(Cap. 27) VISIONI
Ti sta piacendo I.O ?

(Cap.12) Il CODICE

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By 3rosethorn

* "Nessuno si fece avanti a parte il controllore, un Robot I.O. Avvicinò la sua mano al mio bracciale e mi disse che ero stressata." Riuscivi a distinguerli a malapena, fissandoli negli occhi che tradivano il vuoto emozionale, in quelle iridi sconvolgentemente umane.*

tempo di lettura: 4 minuti

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Ciò che è simile attrae ciò che è simile.

Risalendo sul treno mi batteva il cuore. Avevo camminato veloce per camuffare la tensione che, nonostante il training autogeno, si era impadronita di tutto il mio corpo.

Stavo provando una forte sensazione di ribrezzo e anche di rabbia. Stavano interferendo col mio lavoro, anzi, mi era già stato dato un possibile referto finale su un mio paziente. Cercai di controllarmi ma mi sentivo peggio. Quindi feci cadere la borsa e finsi un malore.

Nessuno si fece avanti a parte il controllore, un Robot. Avvicinò la sua mano al mio bracciale e mi disse che ero stressata.

"Si è dimenticata di prendere gli integratori. Provveda stasera. Per ora rimanga seduta fino all'arrivo. Niente di grave."

Avevo appuntamento con i miei amici in centro per andare a mangiare qualcosa insieme. Passavano sempre mesi prima che riuscissimo ad incontrarci.

Annuii al Controllore Robot e voltai il viso verso il finestrino. La mia mente parlava, parlava, non la smetteva di fare congetture. Misi in atto tutte le tecniche di visualizzazione artistica, osservando le cose più brutte che mi passavano davanti: palazzoni con finestre minuscole, file di persone tristi che aspettavano i treni, i PoliRobot che stazionavano ad ogni incrocio tutti con la stessa espressione vuota.

Volevo che venissero registrate le mie emozioni in relazione a quanto stavo vedendo. Non avrei destato sospetti, pensavo. Paranoia pura.

Intanto ripensavo al contatto telepatico con Alexander e, in questo aveva ragione Paolo, a causa risponde effetto, troppe coincidenze per non essere significative.

Dopo circa mezz'ora arrivai a destinazione. Scesi ad occhi bassi e mi incamminai verso il ristorante. Mancava ancora più di un'ora all'appuntamento con i miei amici, quindi camminai nel parco lì vicino, sul selciato sfrigolante, in mezzo agli alberi.

Incrociai poche persone e cominciai ad osservare meglio i loro visi, volevo cercare di sentire i loro pensieri, le loro emozioni o vedere le immagini mentali.

Negli anni avevo lavorato molto sulle mie capacità e, dopo il tracollo mondiale, avevo avuto modo di esercitarmi in maniera continua. Scrutavo i miei genitori ma era troppo facile leggere le loro menti, li conoscevo troppo bene. Avevo quindi provato a sintonizzarmi a distanza con la telestesia, cercando un contatto qualunque ed una volta ero riuscita a raggiungere un segnale, molto confuso e che avevo inseguito per giorni. Mi arrivavano immagini incomprensibili che mi ricordavano l'arca di Noè in fuga, carica di persone e animali e, all'orizzonte, delle figure sfuocate e tutte uguali. Poi il silenzio.

Ora, mi trovavo come paziente un telepate, catalogato come critico, che avrebbe potuto crearmi non pochi problemi.

Sentivo la necessità di parlare con qualcuno ma, per la prima volta, avvertivo di essere sola, anzi peggio, avvertivo la presenza invasiva delle telecamere e del monitoraggio emozionale e perenne del bracciale. Mi avvicinai ad un fiore per annusarlo, poi alzai gli occhi al cielo. Un crepuscolo freddo stava salutando la giornata, il cielo sembrava immenso e io avrei voluto partire come un razzo tra le nuvole, libera.

                                        ------------------------------------------------------------------

"Bene, io prendo il numero 12."

E con la scelta di Marco avevamo terminato le ordinazioni. Il ristorante era carino, luci soffuse, stampe moderne alle pareti, sedie molto comode. Arrivò il vino, o meglio, una bottiglia con un liquido il cui sapore ricordava quello di un buon Cabernet. Il cameriere era un Robot, giovane, carino, dai modi molto cortesi, sicuramente appena aggiornato, perché nella fase di assaggio, decantò tutte le proprietà organolettiche e la temperatura a cui lo stava servendo. Terminato di servire tutti sparì in silenzio.

Mi era parso che mentre serviva fissasse ognuno di noi in viso. Stavo diventando ossessionata, ma questi "avatar" erano davvero perfetti, in tutto simili ad un essere umano, compresi i movimenti e la voce. Riuscivi a distinguerli a malapena, fissandoli negli occhi che tradivano il vuoto emozionale, in quelle iridi sconvolgentemente umane.

"Allora Donna, ti trovo benissimo!" disse Loredana.

"Trovo bene anche voi amici miei, facciamo un brindisi!"

"Certo", aggiunse Marco,"finché ce lo permetteranno..."

Lo guardai bere, aveva detto qualcosa di molto pericoloso e cercai di mettermi in contatto. Marco si girò verso di me, aveva sicuramente avvertito qualcosa, ma sapevo che non avrebbe capito, i suoi canali energetici non erano fluidi.

La telepatia è una percezione extrasensoriale in cui la fonte di informazione è costituita dall'altra persona. Se questa persona non è al corrente di quanto sta accadendo, non cercherà di aprire tutti i suoi canali e, nella migliore delle ipotesi, si potranno solo leggere alcuni messaggi della sua mente.

Loredana stava raccontandoci del cambio di casa con relativo trasloco fatto a tempo di record grazie alle squadre di Robot efficientissime. La guardavo sorridendo ma continuavo a inviare energia a Marco.

All'improvviso avvertii la sua paura. Stava guardando una telecamera che si era diretta proprio su di noi.

Calmo, stai calmo e guardami. Guardami. Volta il viso dalla mia parte.

Ero così concentrata che non mi accorsi di aver finito il vino. Ma Marco si girò verso di me.

"Hai detto qualcosa?"

Mi venne un'idea improvvisa.

Lo guardai fisso negli occhi e dissi "Guardate cosa ho trovato tra i miei ricordi?"

E feci uscire dalla borsa un vecchio IPod dei miei genitori, con il cavo delle cuffie già inserito.

"Funziona ancora?"

"Sì. Incredibile! Ho riascoltato tutte le vecchie canzoni che non ricordavo più. Ascolta questa!" e dopo aver selezionato la canzone, passai le cuffiette ad Marco dicendogli "ti supplico, NON cantarla... stonato come sei!",  guardandolo fisso negli occhi.

Era I Want to Breack Free, dei Queen.

Marco rimase sorpreso e si aprì in un largo sorriso, chiuse gli occhi muovendo la testa. Passò qualche minuto, mentre io e Loredana continuavamo a parlare del trasloco, poi mi disse.

"E tu, senti questa!" aveva selezionato Freedom di Pharrell Williams.

Aveva capito? Ero riuscita a mandare un messaggio? Era la sua risposta?

Io gli ripassai l'Ipod con Slave to This World dei Twinspirits.

"Anche questa è... interessante."

Marco continuò a far finta di suonare una chitarra elettrica, mentre ascoltava.

Poi mi ripasso l'Ipod annuendo e fingendo di andare a tempo.

"Fantastiche canzoni, adesso ci sono dei nuovi gruppi, interessanti."

Avevamo stabilito un contatto. Ero euforica. Stavo parlando con qualcuno, o meglio, con un amico e liberamente. Cancellai la cronologia dall'Ipod e programmai Love me tender di Norah Jones. La prudenza non era mai troppa.

Da quel momento cominciammo a parlare utilizzando quello che avevamo a disposizione, tentando di comunicare.

"Mangio ancora un'altra porzione... Non so se faccio bene." Preoccupazione. Era preoccupato.

"Io credo che possa... farti male."

Pericolo. Stai attento a quello che dici o fai.

"A volte non so proprio cosa decidere... mi sento un po' frastornato"

Impotenza. L'avvertiva anche lui?

Loredana ci guardava perplessa e prima che potesse intervenire dicendo qualcosa che avrebbe potuto evidenziare l'anormalità della nostra conversazione, le feci vedere un video molto divertente postato su LOLA e, complice anche il vino, cominciammo a ridere.

La telecamera si era spostata su un altro tavolo.

Presi la saliera e la feci cadere volontariamente sul tavolo dicendo "NO!", poi raccolsi un po' di sale dalla tovaglia per buttarmelo dietro le spalle e dissi "SI!".

Marco annuì.

Prese anche lui un po' di sale e se lo buttò alle spalle dicendo "SI!"

"Loredana butta anche tu, lo sai che è anti-sfortuna!"

Stavamo creando un codice.

Presi la forchetta e la lasciai cadere di fianco al piatto.

Marco disse "NO" e poi aggiunse "Così non si fa, bambina maleducata"

Io presi i capelli e con le mani li spostai dietro le spalle dicendo "SI'" e aggiunsi "hai ragione".

Ci guardammo negli occhi e mi arrivò chiaro il suo "Ho capito".

Far cadere qualcosa = No.

Spostare qualcosa dietro le spalle = Sì.

"Che dite, andiamo a fare due passi? O venite a bere qualcosa da me?"

Uscimmo dal locale, fuori era buio ma le telecamere erano ovunque. Passeggiammo nel parco, sotto la luce dei lampioni, incrociando di tanto in tanto un PoliRobot.

"Avete visto il deragliamento del treno?"

"Sì, spaventoso."

"Avevano parlato di possibile attentato, si è saputo più niente?"

"Non ho sentito niente."

"Quei gruppi di cui parlavi Marco, che tipo di musica suonano?"

"Direi che sono vagamente rock, come i vecchi Queen, te li ricordi?"

Mi spostai i capelli dietro le spalle.

Sì. Avevo capito.

"Ma si possono sentire? Su che canale?"

"Ora non mi ricordo bene i nomi ma te li mando." E fece cadere una penna.

No. Non era possibile o facile contattarli.

Dovevamo fare attenzione, una parola di troppo o un movimento troppo forzato, ci avrebbe fatto scoprire. Continuammo a camminare parlando di musica e dei nostri ricordi di un mare pulito, trasparente, dei colori dei pesci.

"Ho visto un acquario."

"Ma va? Dove?"

"Nel Centro Recupero dove lavoro adesso. A proposito, vi ricordate di Paolo? Quello studente che veniva spesso anche in palestra? Adesso è il Responsabile dell'Istituto, e l'acquario era nel suo ufficio."

"Davvero? Ha fatto carriera. Incredibile, è uno dei pochi, non ci sono molte possibilità, competere con gli I.O è praticamente impossibile."

Poi, accortosi di aver detto qualcosa di interpretabile, aggiunse "Non siamo all'altezza."

"Diciamo che, come sai, nel mio campo abbiamo più opportunità, non abbiamo gli alter ego."

"Ah già, dimenticavo che anche tu..."

"E come sta? È soddisfatto?"

Mi spostai i capelli dietro le spalle.

Sì. È integrato nel Sistema.

Marco mi guardò. Io continuai a parlare dell'efficienza del reparto, dei progressi fatti.

"Quindi Paolo può esserci d'aiuto nello sviluppo!" disse Marco porgendomi un fiore che aveva raccolto.

Presi il fiore sorridendo e lo feci cadere.

NO. Non sono sicura di lui.

Raccolsi il fiore e aggiunsi "Lavora molto, è molto centrato. I progetti devono essere molti"

"Allora stai seguendo due pazienti?"

"No, me ne hanno assegnato uno solo. Credo si tratti di leggerezza comportamentale."

E lasciai cadere il fiore un'altra volta.

No. Non credo sia così.

"A volte si possono prendere degli abbagli. Gli esseri umani sanno confondere." rispose Marco.

Mi avvicinai alla sua giacca e cominciai a far cadere alcune foglioline bianche cadute da chissà quale albero.

No. Credo sia lucido, molto lucido.

"Non sarà mica un eversivo?"

"Ma figurati! È solo uno che ha fatto una partita di basket con degli amici. Sudare non è mai stato considerato contro il Sistema!" risposi spostando i capelli dietro le spalle.

Sì. Probabilmente è un rivoluzionario.

L'idea che mi ero fatta di Alexander era proprio di un uomo che stava cercando di ribellarsi.

Eravamo seduti su un muretto vicino a una siepe e arrivò un PoliRobot.

"Non è sicuro stare qui di notte. Tornate a casa."

Prima che potessi chiedere perché, Marco si alzò ringraziando "Certo, ha ragione."

C'incamminammo verso i treni in silenzio.

"Loredana quando vuoi possiamo fare shopping insieme!" dissi ridendo amaramente.

"Ma sì..." rispose Loredana "fammi terminare di sistemare tutto a casa e prima vi invito, poi ci sfoghiamo con un pomeriggio di shopping!"

Il ricordo dei pomeriggi passati tra le vetrine mi fece rattristare. Ora potevamo solo utilizzare internet, la scelta era impressionante, le taglie arrivavano sempre perfette, ma nessuno ci avrebbe mai ridato quei piacevoli momenti di svago senza meta.

La prima a partire fu proprio Loredana, poi toccò a me. Marco aveva aspettato che arrivasse il mio treno. La cavalleria non era morta, almeno per il mio amico.

Lo salutai dal finestrino, guardando la sua immagine allontanarsi.

A presto amico mio. 


next (Cap.13) STUDIO 22

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