The Deepest Fear

Kara

La stagione estiva è iniziata meglio del previsto.

Tutti i tavoli sono pieni, anche quelli esterni, e i clienti sono numerosi. Le giornate sono state soleggiate, in questa prima settimana di giugno, ma il caldo non è eccessivo.

Indosso la maglietta a maniche corte con il logo del café mentre cammino zigzagando tra i tavoli. Scambio i piatti pieni con quelli vuoti, e riempio i bicchieri di chi ha ancora sete.

Ogni volta che rientro dalla porta vetri per raggiungere il bancone, l'aroma del caffè riempie le mie narici, insieme alle note più dolci dei waffle e dei pancake.

È Ray a occuparsene, e penso che stia facendo un ottimo lavoro. Nessuno direbbe che è alle prime armi.

«Non ci vuole una laurea per cuocere due frittelle» è stata la sua risposta, quando gli ho fatto i miei complimenti dopo il suo primo giorno ai fornelli.

All'inizio gli avevamo chiesto di occuparsi solo delle bevande, ma Mamma ha detto che si è dimostrato subito abbastanza propositivo e capace, così l'ha promosso ad aiuto cuoco, in pratica. Molto più probabilmente, si sarà finta in difficoltà per spingerlo a cavarsela da solo.

L'unica cosa che Ray si è rifiutato categoricamente di fare è proprio il cameriere, che è quindi l'unico ruolo rimasto a me. Immagino che il contatto con i clienti al bancone sia già al limite per essere troppo, per lui. Camminare in una sala piena di persone, con tutti quegli occhi addosso, lo ucciderebbe.

O lui ucciderebbe i clienti.

In effetti, non si è comportato benissimo con le eventuali Karen, ma non ha mai mancato di rispetto senza prima essere stato provocato. E se qualcuno insiste per parlare con il manager, la stazza di Mamma è abbastanza per zittire chiunque, o quasi. Ma tutti in casa conveniamo che clienti razzisti e islamofobi non sono una grossa perdita.

Mi avvicino al bancone, e il rumore di olio sfrigolante si intensifica, insieme al profumo dei dolci. Ray sta assemblando un sandwich, mentre scuote la testa e borbotta tra sé.

«Chi cazzo prende avocado e formaggio?» Storce il naso all'accostamento.

Alzo le spalle. «L'importante è che lascino una buona mancia.»

Ray allunga il piatto verso di me. «Lasciano sempre buone mance alle cameriere carine.» Sorride.

Lo copio, prima di abbassare lo sguardo dai suoi occhi al vassoio, e riprendere il mio lavoro.

Ciò che di fisico c'è stato tra noi due rimarrà il ricordo di una notte, ma i sentimenti sono intatti, da entrambe le parti. Ray è stato chiaro su questo.

Gli ho detto che la definizione più vicina a quello che prova, a quanto ho visto, è asessuale, ma lui ha detto di non capirci molto di tutte quelle bandiere.

Ma, in qualsiasi modo evolverà questa nostra relazione, sono felice di quello che abbiamo costruito. Sono fiera dei progressi che Ray ha fatto, da quando lo conosco. E spero che questa serenità possa davvero durare, ora che ci siamo allontanati da quel posto.

E se qualcuno in un futuro non troppo lontano verrà a minacciare il nostro mondo, voglio essere io a proteggerlo. Ora sento di avere più fiducia in me stessa. Imparerò a controllare il Fuse quando sarà il momento. Ne sono certa.

Mi destreggio fra i tavoli pieni fino a raggiungerne uno a cui siede una signora bionda e in carne insieme a quello che forse è suo marito, e che sembra più concentrato sul cellulare che sul cibo appena arrivato.