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Cp. 22 I lied to you, Tim

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"La vita è dolce se
glielo concedi"
-C. Bukowski

Le parole di Cameron continuavano a martellarmi nella testa. Così come quelle di Kai.
Ogni volta che ci pensavo, il peso della colpa diventava insostenibile. Avevo cercato di giustificarmi, ma man mano che riflettevo su quanto fosse accaduto, mi rendevo conto che quella giustificazione era solo un pretesto. Avevo agito senza pensare alle conseguenze, e ora stavo raccogliendo ciò che avevo seminato.

Mi sentivo persa. Che cosa stavo facendo? Avevo cercato di convincermi che il piano fosse necessario, che fosse la soluzione migliore, ma ora mi sembrava solo una follia. Dovevo fermarmi prima che fosse troppo tardi.

Decisi di parlare con Tim, sperando di poter sistemare le cose. Mi feci strada nel locale, il suono dei miei passi che sembrava riecheggiare troppo forte, ma cercai di non farmi notare, rientrando di nuovo dalla porta del retro.
Quando lo trovai, lui era lì, in silenzio, intento a prendere le sue cose prima di lasciare il locale, Ma appena mi vide, la sua espressione si fece seria, e il mio cuore sprofondò.

"Hey...Tim, emh...potremmo parlare un attimo?" dissi, cercando di sembrare calma, ma la mia voce tradiva il mio turbamento.

Lui alzò lo sguardo, sorpreso. "Di cosa, Helena?"

"So che quello che ti ho detto prima ti ha fatto male, e...ecco, ti ho mentito. Ti ho fatto credere che Kai parlasse male di te, che fosse colpa tua se le cose non andavano bene, ma non era vero. Ti ho detto quelle cose solo per farti dubitare, per allontanarti da lui e cercare di far credere alle persone quanto Kai fosse falso. Ti ho manipolato, ti ho usato per il mio piano."

Tim mi fissò, il suo volto immobile, ma nei suoi occhi c'era qualcosa che tradiva una crescente frustrazione. "Mi hai fatto credere che il problema fosse Kai," disse lentamente, come se cercasse di far emergere il dolore che provava. "Mi hai messo contro di lui senza alcun motivo. Perché, Helena? Perché lo hai fatto?"

C’era così tanta delusione nelle sue parole che mi sentii come se qualcuno mi avesse colpito allo stomaco. “Avevo un piano,” risposi, le parole che si attorcigliavano mentre cercavo di spiegarmi. “Mi dispiace Tim...Pensavo che fosse il modo per sistemare le cose, per proteggere quello che mi apparteneva. Non volevo che Kai prendesse il sopravvento, e ti ho coinvolto in tutto questo senza pensare a quanto ti avrei fatto male.”

Il respiro di Tim si fece più pesante, come se stesse cercando di capire se le sue emozioni erano più forti della mia spiegazione. "Quindi tutto quello che mi hai detto... era solo una bugia?"

Mi sentii piccola, di fronte a quella domanda. "Sì," risposi, con la testa bassa. "Sì, ti ho mentito. E mi dispiace. Mi dispiace di aver messo te in mezzo a tutto questo. Non ti meriti di essere trattato così, e non avrei mai dovuto farti credere quelle cose."

Il silenzio si allungò tra di noi, e sentivo il peso delle mie azioni schiacciarmi. Eppure, non avevo intenzione di fermarmi qui. Dovevo chiedergli altro, dovevo tentare di rimediare.

"Tim," continuai, cercando di guardarlo negli occhi. "So che non posso cambiare quello che ho fatto, ma vorrei chiederti se c'è una possibilità di... di rimediare. Ho un locale, e avrei bisogno di qualcuno di cui posso fidarmi. Ti andrebbe di lavorare con me? Ti prometto che questa volta sarà diverso."

Tim rimase in silenzio per un lungo istante. Poi, lentamente, il suo sguardo si fece più morbido, anche se il dolore non scompariva del tutto. "Non so se posso fidarmi di nuovo, Helena," disse. "Non so se posso dimenticare quello che mi hai fatto credere."

Ma poi, un sorriso timido comparve sulle sue labbra. "Però... ci posso pensare. Non dico di sì, ma... ci penso."

Il mio cuore batté più forte, e per un momento non riuscii a trovare le parole giuste per ringraziarlo. "Grazie, Tim," dissi finalmente, gli sorrisi, sentendo una sensazione di sollievo che mi attraversava. "Prenditi il tempo che ti serve. Ma spero davvero che tu ci pensi."

Tim annuì, e senza aggiungere altro, tornò a sistemare le bottiglie, come se ci fosse ancora una distanza tra noi che doveva essere colmata. Ma almeno, ora, c'era una possibilità. E quella possibilità, anche se fragile, era qualcosa su cui potevo aggrapparmi.

Mentre mi avviavo verso l'uscita, sentivo il peso delle parole non dette ancora sulle spalle, ma anche la speranza di un futuro diverso. Un futuro in cui avrei imparato dai miei errori, e dove avrei cercato di fare le cose in modo giusto.

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